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Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Nel 1938 gli Alinari immortalarono gli affreschi del Melozzo prima della distruzione

Se abbiamo le immagini della Cappella Feo, posta all’interno della chiesa di San Biagio distrutta nel 1944, è merito degli Studi Alinari di Firenze, che la fotografarono in occasione della mostra per i 500 anni della nascita del grande pittore rinascimentale

Se abbiamo le immagini della Cappella Feo, affrescata dal Melozzo nel 1493 e andata distrutta nel corso dell’ultima guerra, è merito degli Studi Alinari di Firenze, che la fotografarono in bianco e nero nel 1938, in occasione dei 500 anni della nascita del grande pittore rinascimentale. Nel tardo pomeriggio di domenica 10 dicembre 1944, un ordigno tedesco ad altissimo potenziale cancella per sempre la chiesa quattrocentesca di San Biagio in San Girolamo e 19 povere vite.

Il vero obiettivo del bombardamento aereo era la ghiacciaia Monti, già monastero di Santa Chiara, appena divenuto deposito logistico dell’Esercito Britannico. Un errore balistico di poche decine di metri provoca un danno irreparabile al patrimonio artistico italiano e forlivese: l’esplosione disintegra, infatti, la Cappella Feo dedicata a San Giacomo Maggiore ed i magnifici affreschi di Marco Palmezzano e Giuliano degli Ambrosi, detto Melozzo da Forlì. La cappella era stata aggiunta all’impianto originario della basilica per volere di Caterina Sforza, signora della città, che aveva inteso così onorare l’amante Giacomo Feo (sposato in segreto), ucciso in una congiura nel 1495 e lì sepolto. Dal giugno all’ottobre 1938 a Forlì si tenne la mostra “Melozzo e il Quattrocento Romagnolo”, nel V Centenario della nascita del grande artista rinascimentale. Allestita all’interno del Palazzo dei Musei (Palazzo del Merenda), si rivelò un evento di grande portata mediatica.

“Questa rassegna - si legge in apertura del catalogo - nasce «sotto gli auspici del Duce» e vuole fare di Melozzo l’alfiere della civiltà artistica romagnola”. “Inaugurata da «Sua Maestà il Re Imperatore» Vittorio Emanuele III – scrive nel 2011 Marco Carminati sul Sole 24 Ore - fu gettonatissima dalle alte gerarchie italiane: ministri, ufficiali, miliziani, arditi, avanguardisti e camicie nere si trasformarono di colpo in raffinati estimatori di un ancora poco noto pittore del Quattrocento italiano (…) Eccellente dal punto di vista scientifico (la curarono Gnudi, Longhi e Ragghianti), l'esposizione non riuscì però a scansare il rombo della retorica che si manifestò nell'impostazione critica della rassegna, tutta volta a enfatizzare il ruolo locale e regionale del pittore. Invece di vedere in Melozzo uno dei protagonisti del Quattrocento nazionale, il pittore venne considerato una sorta di gigante del «genio romagnolo», forse anche per compiacere Mussolini che, come Melozzo, era nato in Romagna, non lontano da Forlì”.

La mostra al Palazzo del Merenda proponeva dei rimandi espliciti alla Cappella Feo posta nella chiesa di San Biagio. La cupola, di fattura interamente melozziana, era dipinta a cassettoni esagonali, sulla cui base erano rappresentate le immagini di otto Profeti, mentre due corone di cherubini festanti, al centro della cupola, circondavano lo stemma nobiliare della famiglia Feo. Di grande effetto cromatico era anche la lunetta della parete destra della cappella, “che rappresenta – si legge nella pubblicazione “La chiesa di S. Biagio in S. Girolamo” edita nel 1927 - il miracolo degli uccelli selvatici di S. Domenico della Calzada, attribuito per errore a San Giacomo Maggiore (…) La tradizione vede nei due personaggi inginocchiati, vestiti da pellegrini, Girolamo Riario e Caterina Sforza; nel giovane che la guarda il suo amante Jacopo Feo”.

Progettata e avviata dal Melozzo, la lunetta fu completata da Marco Palmezzano dopo la morte del maestro. In San Biagio, la mano del maestro forlivese, “molto studioso delle cose dell'arte – scrive il Vasari - e diligente in fare gli scorti”, issato fra i grandi del Rinascimento italiano “per l’uso illusionistico della prospettiva e della luce tersa”, era visibile soprattutto nelle figure dei santi Giacomo e Giovanni dipinti sulla cornice della Cupola affrescata della Cappella Feo. Nel marzo 2011, alcuni studenti dell’Istituto d’Arte di Forlì, coordinati dal professor Daniele Masini, hanno tentato di ricostruire gli affreschi della Cappella Feo con le stesse tecniche (polveri e colle all’acqua) utilizzate nel 1493 da Melozzo degli Ambrogi e dal discepolo Marco Palmezzano, all’interno di un’installazione in scala 1:2 predisposta dall’architetto Benedetta Caselli. Il progetto è rimasto incompiuto, mentre non sarebbe peregrina l’idea di riproporre idealmente l’antica cappella nell’attuale San Biagio, avvalendosi delle moderne tecniche informatiche e proiettando gli elementi desumibili dagli scatti provvidenziali lasciatici dagli Studi Alinari. 

232_CappellaFeo-FotoAlinari4_Antica.chiesa.panoramica.frontale232_CappellaFeo-FotoAlinari5_Antica.chiesa.porticato.esterno1232_CappellaFeo-FotoAlinari6_Antica.chiesa.porticato.esterno2232_CappellaFeo-FotoAlinari3_InternoS.Biagio (collezione Claudio Servadei)232_CappellaFeo-FotoAlinari2_CupolaMelozzo(Cat.Gen.BeniCult)

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