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Animali in città a Forlì-Cesena, Legambiente: "Gestione buona". Premilcuore tra gli ultimi per numero di cani in canile

Le performance 2020 di Comuni e Aziende sanitarie nella gestione degli animali nei centri urbani. Il rapporto di Legambiente

Performance ancora una volta disomogenee a livello nazionale, spesso inefficaci nel rispondere alle sfide che investono i territori e la loro vivibilità: nell’anno della pandemia, l’attenzione e la cura della pubblica amministrazione per gli animali risultano ancora insufficienti e inadeguate a garantire il benessere nei centri urbani. È quanto emerge dal decimo rapporto nazionale Animali in città elaborato da Legambiente con il patrocinio di Ministero della Salute, Anci, Conferenza delle regioni e delle province autonome, Enci, Fnovi, Anmvi e Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva e presentato simbolicamente lunedì, nel giorno di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali domestici.

“Prendersi cura di persone e animali è prendersi cura del pianeta e del benessere di tutti – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – Il nostro rapporto focalizza l'attenzione sui dati di Comuni e Aziende sanitarie relativi ai servizi e alle esigenze nel vivere la relazione con gli animali d'affezione e da compagnia che riguarda oltre 30 milioni di italiani. Esigenze che, se rimangono disattese, possono causare costi sanitari e sociali importanti. C'è tanto da fare, ma le esperienze migliori citate nel nostro rapporto dimostrano che è possibile, compiendo i giusti passi. Legambiente avanza quindi sei proposte concrete e misurabili affinché l’importanza dell’approccio One Health trovi concreta attuazione, anche attraverso la cura del benessere animale. Dall’anagrafe unica nazionale per tutti gli animali d’affezione o da compagnia ai patti di comunità per la tutela e la cura degli animali; dal potenziamento del servizio pubblico, con nuovo personale e maggiori strutture fino alla realizzazione di aree e servizi dedicati nelle aree urbane; infine, ma non meno importante, la valorizzazione del ruolo del volontariato”.

All’indagine di Legambiente hanno risposto in modo completo 656 amministrazioni comunali (l’8,3% del campione contattato), tra cui il 50% dei Comuni capoluogo, e 50 aziende sanitarie (il 44,6% del campione). Quattro le macroaree di valutazione delle performance: quadro delle regole (regolamenti comunali e/o ordinanze sindacali), valevole solo per i Comuni; risorse impegnate e risultati ottenuti; organizzazione delle strutture e servizi al cittadino; controlli.

I numeri 2020: la fotografia nazionale

 Quasi la metà (il 47,4%) delle amministrazioni comunali rispondenti dichiara di avere attivato un ufficio o un servizio dedicato agli animali, oltre i tre quarti (il 76%) delle aziende sanitarie di avere almeno un canile sanitario e/o un ufficio di igiene urbana veterinaria: ciononostante, poco meno di un Comune su 13 (il 7,8%) raggiunge una performance almeno sufficiente, più di quattro su cinque aziende sanitarie (l’82%) si attestano sui medesimi livelli. Il resto del campione contattato in larga parte non risponde o registra performance valutate da insufficienti a pessime.

Le migliori performance si registrano a Prato, Verona e Modena, rispettivamente al primo, secondo e terzo posto della classifica riguardante i Comuni, nell’ATS Brescia, ATS della Montagna e Asl Vercelli per quanto concerne, invece, le aziende sanitarie. Guardando ai costi sostenuti da Comuni e Aziende sanitarie per i servizi ai cittadini e ai loro amici a quattro zampe, nel 2020 la spesa pubblica nel settore (in calo rispetto al 2019) è stimabile in quasi 193 milioni di euro, pari a 14 volte la somma impegnata per tutte le 31 aree marine protette in Italia o a 55 volte quella destinata alle 19 riserve naturali statali. La spesa media pro capite si attesta invece a 2,4 euro per i Comuni e a 0,85 euro per le aziende sanitarie. Vale la pena sottolineare come la gran parte dei costi in Italia sia assorbita dalla gestione dei cani presso i canili rifugio, per cui i Comuni spendono ben il 61,8% del bilancio destinato al settore: strutture indispensabili nel modello attuale, ma oggettivamente fallimentari rispetto a obiettivi credibili di benessere animale e contenimento delle spese a carico delle pubbliche amministrazioni.

Nell’anno della pandemia, secondo i dati forniti dai Comuni, cresce di oltre tre volte, rispetto al 2019, il numero di gatti adottati (42.081 nel 2020, contro i 12.495 del 2019). Parallelamente, tuttavia, si assiste a un calo nelle adozioni dei cani nei canili che diminuiscono del 20% rispetto all’anno precedente (dalle 19.383 nel 2019, alle 16.445 nel 2020), coerentemente con i dati dichiarati di nuove iscrizioni in anagrafe canina (85.432 nel 2019, contro le 67.529 nel 2020). A livello nazionale, il rapporto tra cani iscritti all’anagrafe degli animali d’affezione e cittadini è di un cane ogni 4,7 abitanti. Guardando agli amici felini, il rapporto nazionale è di un gatto iscritto all’anagrafe degli animali d’affezione ogni 72,4 cittadini.

Le richieste di Legambiente

 Approvare e fare entrare in vigore, entro il 2022, l’anagrafe unica nazionale per tutti gli animali d’affezione o da compagnia;  agevolare la sottoscrizione, entro il 2025, di 1.000 accordi o patti di comunità per costruire reti e alleanze tra amministrazioni pubbliche e soggetti privati per la tutela e la cura degli animali d’affezione e selvatici;  arrivare, entro il 2030, a 10 mila veterinari pubblici assunti a tempo indeterminato, per rafforzare il personale in servizio attualmente composto da 4.642 unità, di cui il 78,5% uomini e con età media di 56,9 anni;  inaugurare, entro il 2030, 1.000 strutture veterinarie pubbliche, tra canili sanitari e gattili sanitari (uno ogni 50-100 mila cittadini) e ospedali veterinari (uno ogni 300-400 mila cittadini) opportunamente distribuiti sul territorio; realizzare, entro il 2030, un’area cani ogni 1.000 cittadini residenti per garantire una quotidiana qualità della vita a milioni di cittadini nei contesti urbani;  aumentare il rispetto delle regole di civile convivenza usufruendo della vigilanza volontaria con l’obiettivo entro il 2030, di formare, aggiornare e coinvolgere 15.000 guardie ambientali e zoofile volontarie.

Focus Emilia-Romagna

Il focus dell’Emilia-Romagna vede una panoramica abbastanza eterogenea. In totale hanno risposto 49 Comuni su tutta la regione, con Modena che si piazza sul podio come miglior performance e una spesa pro capite di 4,4 euro, seguita da Ravenna con 9 euro pro capite. Per quanto riguarda la media del numero di cani posseduti per cittadino troviamo San Possidonio (Modena) con 2 cani per cittadino, Correggio (Modena) e Verghereto con 1 cane per cittadino. Per quanto riguarda la performanche di Forlì-Cesena nella gestione degli animali, viene definita dal Legambiente "buona".

Ci sono alcune aziende sanitarie dell’Emilia – Romagna, come quella di Ferrara e Modena, che per l’indicatore che riporta il numero di cani in anagrafe contano rispettivamente 1 cane per 2,4 cittadini e 1 cane per 2,6 cittadini. Mentre per quanto concerne il numero di gatti registrati in anagrafe risulta protagonista Ferrara con 1 gatto ogni 27 cittadini per la categoria; San Pietro in Casale (Bolona) si distingue per il primato di gatti sterilizzati nelle colonie feline (100%). Infine l’Amministrazione comunale di Bologna si aggiudica un risultato positivo per l’indicatore che riporta il numero di controlli effettuati per anno, con 1 controllo ogni 23.040 cittadini.

Non mancano però le note negative: i l’Ausl di Parma risulta fanalino di coda nella spesa pro capite con 0,03 euro. Così come il comune di Premilcuore, che risulta tra gli ultimi per numero di cani in canile, con 1 cane per 9,4 cittadini. Bologna registra performance negative per la scarsità delle aree dedicate ai cani, posizionandosi negli ultimi posti con 1 area ogni 15.667 cittadini e infine l’AUSL di Ferrara prevede soltanto 1 intervento per animali in difficoltà ogni 13.989 cittadini.

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