rotate-mobile
Domenica, 28 Aprile 2024
Briciole di natura

Briciole di natura

A cura di Riccardo Raggi

Comune o coccolone: i due volti del ginepro

Il ginepro comune (Juniperus communis) è un arbusto perenne, con aghifoglie, appartenente alla famiglia delle Cupressaceae e al genere Juniperus

Nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna il ginepro è molto diffuso negli ambienti più assolati e negli spazi aperti (ex coltivi o prato-pascoli ora abbandonati) che la natura sta lentamente riconquistando. A volte è però possibile osservarne una sottospecie che ha caratteristiche leggermente diverse dalla specie nominale. Scopriamo i due volti del ginepro.

Il ginepro comune (Juniperus communis) è un arbusto perenne, con aghifoglie, appartenente alla famiglia delle Cupressaceae e al genere Juniperus. Pianta assai rustica e pioniera, sopporta molto bene lunghi periodi di siccità o basse temperature, resiste bene anche al forte vento e si adatta facilmente a terreni inospitali. Riesce a vegetare senza grossi problemi sui pascoli aridi, nelle brughiere o boscaglie, fino ai 3500 m s.l.m.

Generalmente ha un portamento contorto, con fusti che possono arrivare a qualche metro di altezza e possiede piccole foglie aghiformi e pungenti, disposte a gruppi di tre. È una pianta cosiddetta “dioica”, cioè porta organi riproduttivi unisessuali in due piante diverse. La pianta femminile produrrà delle strutture impropriamente chiamate "bacche” (non sono frutti) e più correttamente definite "coccole". Le piante maschili producono piccoli coni cilindrici-ovoidali, di colore giallastro, utili per l’impollinazione delle piante femminili.

I semi (da uno a tre e ricchi di un olio essenziale aromatico) maturano nell'autunno successivo all'impollinazione e sono racchiusi in formazioni globulose, composte da 4 squame carnose saldate tra loro: di colore verde il primo anno, queste assumeranno poi il caratteristico colore nero-bluastro solamente nel secondo anno di vita, quando raggiungeranno la maturazione. Sono coperte da una pruina opaca cerosa.
Le coccole, proprio per la loro aromaticità, trovano largo utilizzo sia in ambito gastronomico che nella produzione dei liquori. In cucina sono aroma indispensabile per cacciagione e arrosti, mentre, se distillate, sono l'ingrediente principale del gin. Questo liquore fu inventato nel XVII secolo dall'olandese Franciscus Sylvius, professore di medicina, interessato alla formulazione di una tintura diuretica. La parola "gin" deriva infatti da "geniver", ginepro in olandese. Proprio nel Parco Nazionale Foreste Casentinesi viene prodotto un gin, il Gin Falterona1654, distillato dalle “bacche di ginepro” raccolte nei pressi del Monte Falterona (che si trova a quota 1654m slm e a cui si deve il nome).

Dal punto di vista etimologico, la parola “Juniperus” deriva da “iúnix” (= giovenca) e da “pário” (= dare alla luce, partorire), si presume per le presunte proprietà favorenti il parto; il termine specifico “communis” (= comune) deriva con probabilità dalla sua grande diffusione.

Nei territori del Parco è possibile osservare, seppur più raramente, una sottospecie del ginepro comune: è il Ginepro coccolone (J. c. macrocarpa), che differisce dal precedente per le foglie più lunghe, coccole più grandi e di colore rosso-brunastro. Queste caratteristiche sono giustificate anche dal nome scientifico “macrocarpa”, che deriva dal greco “μακρόϛ – macrós” (= lungo, grande) e da “καρπόϛ – carpόs” (= frutto), cioè “dai grandi frutti”.

Curiosità

Nel passato le bacche hanno avuto fama di operare guarigioni miracolose, tanto che nel XVI secolo erano considerate una panacea universale. Per la loro azione balsamica venivano usate soprattutto nelle affezioni delle vie respiratorie, negli stati uricemici e reumatici. Il ginepro può essere impiegato anche come stimolante della funzione gastrica e contro il meteorismo. L'olio essenziale è un potente diuretico, combatte i reumatismi ed è indicato come regolatore delle mestruazioni e per i problemi respiratori.

Nel 1540, quando l'esploratore spagnolo Coronado giunse nell'attuale Nuovo Messico, osservò che le donne Zuni usavano bacche di ginepro per favorire la guarigione dell'utero dopo il parto.
Nel XVII secolo il ginepro era un popolare diuretico ed un rimedio contro l'insufficienza cardiaca congestizia.

Un bagno tonificante e rilassante può essere preparato mettendo una manciata di frutti schiacciati ed infusi nell'acqua calda. I frutti possono essere impiegati anche per purificare e tonificare la pelle.
Per chi soffre di alitosi, un buon rimedio è quello di masticare 4÷5 bacche di ginepro al giorno.

Nei paesi nordici il legno viene utilizzato per la fabbricazione di bastoni e cestini, mentre con la corteccia si realizzano corde. L'intera pianta se viene bruciata, deodora e rinfresca gli ambienti.
In veterinaria, l'olio essenziale è un rimedio naturale e un valido antiparassitario, impiegato contro acari e pulci degli animali. Attenzione all'uso dell'olio essenziale, che può provocare ematuria e, se applicato sulla pelle, ha effetto vescicatorio.

Di questa pianta, gli antichi usavano un po' tutte le parti. Ne bruciavano il legno sia a scopo terapeutico che propiziatorio. Ritenevano infatti che le fumigazioni di ginepro combattessero i germi e fossero salutari per i malati: proprio per questo ne facevano ampio uso durante le epidemie di peste e vaiolo. Con la cenere si produceva un unguento, che si riteneva fosse in grado di contrastare lebbra, scabbia, rogna e pruriti. Si attribuiva a questa pianta la capacità di scacciare demoni e streghe, serpenti e animali selvatici. Ancora nei primi anni del '900, nelle campagne emiliane, resisteva l'usanza di bruciare il legno ginepro a fini propiziatori: veniva bruciato la sera di Natale e la cenere conservata per compiere vari riti scaramantici nel corso dell'anno.

Raccontano varie leggende che il succo ricavato delle foglie fosse in grado di guarire dai morsi dei serpenti, mentre i rametti, appesi sulle porte di casa, fossero in grado di tenere lontane le streghe: queste infatti non resistevano alla tentazione di contarne le foglie, perdendone spesso il conto e non riuscendo mai a finire prima della mezzanotte; si spazientivano e se ne andavano, dovendo infatti dileguarsi prima dell'alba.
Anche gli antichi egizi conoscevano il ginepro e utilizzavano infatti l'olio e le bacche nel processo di imbalsamazione. (Le informazioni sulle curiosità sono tratte dal sito web www.actaplanctarum.org

Si parla di

Comune o coccolone: i due volti del ginepro

ForlìToday è in caricamento