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Forlì ieri e oggi

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A cura di Piero Ghetti

Addio al Bar Roma, il pubblico esercizio più longevo di Forlì: la chiusura è definitiva

Correva l’8 marzo 2021 e Biancarosa Ciani, titolare del Bar Roma, serviva l’ultimo caffè. Poi un anno di indugi, fino ai titoli di coda dello storico locale, aperto nel 1939, con la cessazione formale dell’attività e la restituzione virtuale della licenza

Correva l’8 marzo 2021 e Biancarosa Ciani, titolare del Bar Roma di via Bonatti, 11, serviva l’ultimo caffè. Poi un anno di indugi, fino ai titoli di coda del pubblico esercizio più longevo di Forlì (aperto nel 1939), con la cessazione formale dell’attività e la restituzione virtuale della licenza. “Nel 2021 ho lavorato a gennaio e febbraio – ricorda la signora Ciani – poi è arrivata la zona rossa per covid con la conseguente chiusura del bar. Quando è cessata l’emergenza e molti hanno riaperto, almeno con l’asporto, io non me la sono più sentita di riprendere”.

Biancarosa, classe 1944, non è stata convinta a ripartire neppure dai numerosi “pizzini” lasciati per giorni sulla soglia della bottega, con frasi di incoraggiamento dei clienti più fedeli: Bianca, resisti”, oppure “Dove trovo adesso un caffè buono come il tuo?”. “Quei bigliettini – ammette – mi hanno commosso ma non distolto dal proposito, facendomi pensare per un anno intero a quei visi e a quelle battute di inizio mattina, che mi hanno accompagnato quotidianamente per oltre 40 anni. In questi mesi mi sono confrontata con le figlie Alessandra e Chiara, fino a capire che alla mia età non sarei più in grado di sostenere da sola una fatica che inizia all’alba e finisce al tramonto”.

Nel febbraio 2019 era stata premiata dall’Amministrazione comunale per gli 80 anni di attività ininterrotta del locale. Il Caffè Roma aveva, infatti, aperto i battenti nel lontano 1939 per iniziativa di Mario e Dina Ciani, genitori di Biancarosa. Prima di cimentarsi nella nuova impresa, il padre aveva cogestito il celeberrimo ed esclusivo Circolo “Clubino”, posto nell’edificio di corso Mazzini che al pian terreno ospita un altro locale celeberrimo, il Bar della Posta. All’apice della seconda guerra mondiale, l’attività del Bar Roma fu sospesa, per ripartire già nel 1945. Dopo la morte prematura del signor Ciani, la gestione è stata portata avanti dalla moglie. Ai bei tempi, il grande edificio di via Bonatti, eretto nei primi anni Trenta pressoché coevo al Palazzo delle Poste, ospitava all’ultimo piano l’abitazione dei titolari, mentre il bar offriva anche una frequentata e fumosa sala biliardi. Al piano superiore si giocava a boccette e a carte e nel 1954 si aggiunse persino una saletta per la televisione. Trasmissioni di successo come “Il Musichiere” e “Lascia o Raddoppia” radunavano decine di avventori.

“Avevamo tavolini anche all’esterno – ricorda Biancarosa - e la mamma era aiutata nel servizio da diversi dipendenti”. Alla fine degli anni ’60 si decise di ridimensionare gli spazi e di rinnovare l’arredamento, che è quello giunto ai giorni nostri. Nel 1976, alla morte della madre, tocca a Biancarosa portare avanti l’esercizio. La vera particolarità dell’edificio di via Bonatti 11 è visibile all’esterno e suscita ancora commozione: la facciata presenta tuttora i segni del bombardamento alleato del 25 agosto 1944 su piazza Saffi e il centro storico, in cui persero la vita 75 persone. Fra questi anche Carla Ciani di appena dieci anni, sorella maggiore di Biancarosa. Al primo lancio di bombe, i coniugi Ciani si precipitarono fuori dal locale. Pochi istanti e una seconda bomba cadde proprio davanti al caffè, annientando la povera bimba. Biancarosa era in braccio alla madre: lo spostamento d’aria generato dall’ordigno scaraventò entrambe all’interno del locale, ma si salvarono. Dopo la tragedia, la famiglia sfollò a Fiumana. Quando ritornarono, alcuni mesi dopo, il bar era stato depredato di tutto.

“I miei ripartirono, nonostante la spoliazione e la perdita della mia sorellina”. Adesso che il Bar Roma è definitivamente consegnato alla storia, resta il dubbio sul futuro dell’edificio, di cui la Ciani è comproprietaria insieme ad altri due soci. “O si ristruttura per poi affittare, ma io non riesco proprio, oppure si vende così com’è a chi avesse voglia di fare un investimento. I tempi non sono propizi ma non fasciamoci la testa, la posizione è buona e non si sa mai”. Nel frattempo, la signora Biancarosa si gode la meritata pensione. 

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