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Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Quando in corso Mazzini non c’erano gli Uffici Statali

Partiamo da una foto del 1935 di proprietà del dott. Franco Fabbri, in cui compaiono case e attività (una merceria e una sartoria) assolutamente inedite e mai viste dalla maggior parte dei forlivesi. La perdita che più di ogni altra pesa nel corpo monumentale di corso Mazzini, è quella di Palazzo Baratti

Partiamo da una foto straordinaria di proprietà del dott. Franco Fabbri - “è un ricordo di famiglia, in primo piano c’è mio padre” - rinvenuta nel gruppo Facebook “Forlì - Come Eravamo”: nell’immagine, datata 1935, compaiono case e attività (una merceria e una sartoria) assolutamente inedite e mai viste dalla maggior parte dei forlivesi. Dopo un attimo di smarrimento, sullo sfondo a destra si palesa un edificio tuttora esistente, visibile in corso Mazzini, all’angolo con via Pedriali e che spiega tutto: la foto ritrae la centralissima arteria forlivese nel suo tratto iniziale oggi occupato dalla poderosa sagoma degli Uffici Statali. Per la sua realizzazione, a differenza di quanto avvenne per la nuova sede del Palazzo delle Poste e Telegrafi, eretto a tempo di record al posto di Palazzo Pantoli e dell’Isola Castellini di medioevale memoria, furono versati fumi d’inchiostro e di carta bollata, fino a far spazientire persino Benito Mussolini.

“L’approvazione del progetto da parte dell’allora capo del governo – scrive Ulisse Tramonti in Itinerari d’architettura moderna Forlì Cesenatico Predappio – provocò una indignata e giustificata reazione nei confronti di nuove demolizioni”. Il nuovo complesso avrebbe, infatti, comportato la distruzione di diversi antichi edifici di proprietà di influenti famiglie forlivesi, quali i Montanari, i Valdesi e i Pantoli. A cose fatte (né si poteva fare altrimenti), la perdita che più di ogni altra pesa nel corpo monumentale di corso Mazzini e della stessa piazza Saffi, è quella di Palazzo Baratti. Nell’estate del 1934, di passaggio da Forlì, Mussolini non seppe trattenere un gesto di stizza, vedendo ancora al suo posto quell’austera costruzione. Nel settembre dello stesso anno, il Duce scrisse il seguente telegramma al ministro dei lavori pubblici, Araldo di Crollalanza: “Passando per Forlì ho visto il cosiddetto Palazzo Baratti ancora in piedi, stop, se necessario, come sembra, rinnovati gli ordini per demolirlo senza indugi”.

“Il nuovo Palazzo delle Poste – continua Tramonti nell’opera sopra citata” – costruito in posizione notevolmente arretrata rispetto al filo degli edifici atterrati, lasciò in vista in piazza Saffi una serie di costruzioni che erano sconvenientemente allineate sulla via Mazzini e non conferivano a questa quel carattere di decoro richiesto dall’importanza della località. La piazza Saffi fu così chiamata a confermare il suo ruolo di eterno cantiere”. “Palazzo Baratti - scrive nel 1927 Ettore Casadei nella sua Guida di Forlì e Dintorni – fu degli Orceoli, dai quali passò ad una famiglia Pantoli e quindi ad un ramo dei Baratti, estintosi con la morte del commendator Scipione (1927)”. “All’angolo opposto del Palazzo delle Poste – si legge sul sito del Comune di Forlì, nella sezione dedicata agli 800 anni di piazza Saffi - dove si eleva tozzo e squadrato il Palazzo degli Uffici Statali, sorgeva nel Medioevo la parte meridionale dell’ampio abitato che raccoglieva le case dei Numai. In alcuni documenti è citata la bella loggia che dava sul Ponte dei Cavalieri, alla quale forse si affacciò anche Cesare Borgia, ospite della famiglia nel 1500”.

Il primo progetto dei Nuovi Uffici Statali, stilato nel 1933, prevedeva il mantenimento di Palazzo Baratti, le cui fondamenta poggiavano sull’alveo del millenario Canale di Ravaldino. Poi si decise la sua espropriazione, “per superare gli intralci di varia natura al rapido andamento delle demolizioni”. Negli elaborati cartacei conservati in Archivio di Stato, relativi alla concentrazione in un unico edificio, costruito ex novo in pieno centro, dei più importanti uffici periferici dello Stato, dall’Intendenza di Finanza al Genio Civile, “appare il visto di approvazione dello stesso Capo del Governo e fondatore del Fascismo”. I proprietari della stecca di edifici da demolire, ben determinati a ottenere il massimo risarcimento dalla vendita dei propri immobili, fecero ricorso ad amicizie e conoscenze altolocate, compresi alcuni familiari di Mussolini.

“Nella progettazione degli Uffici Statali – conclude Tramonti – Cesare Bazzani, che aveva già elaborato il disegno del nuovo Palazzo delle Poste, si misura con le concezioni razionaliste, approdando attraverso l’abbandono della simmetria e della arbitraria interpretazione degli ordini, ad una sorta di mediazione tra l’architettura romana classica e quella razionalista”. Il nuovo palazzo venne ufficialmente inaugurato il 21 aprile 1937. Ancora oggi colpisce la sua imponenza: 65.000 metri cubi, 300 stanze e ambienti disposti su di una superficie di circa 4500 metri quadri. In cima era stata collocata una torretta, minata e distrutta nella notte prima della Liberazione di Forlì (9 novembre 1944), dai genieri della Wehrmacht in ritirata.

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Nelle foto Corso Mazzini e Piazza Saffi

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