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Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Quella misteriosa torre nella campagna forlivese attribuita a Caterina Sforza

La leggenda narra che, ai tempi della Leonessa di Forlì, consorte di Girolamo Riario, all'ultimo piano della Torre Albicini, posta a poco meno di due chilometri dalla pieve di San Pietro in Trento, ci fosse una sala delle torture

Per una volta consentiteci di uscire dai confini forlivesi, anche se per poche centinaia di metri, per poter ammirare uno degli edifici più misteriosi della campagna tra Forlì e Ravenna. Siamo in via Forlivese, prolungamento di via Trentola, subito dopo aver oltrepassato il Canale di Ravaldino, prima del suo tratto finale che lo porta a gettarsi nel fiume Ronco a Coccolia. La Torre Albicini si erge maestosa in via Alturia, a poco meno di due chilometri dalla chiesa parrocchiale di San Pietro in Trento. Siamo in piena centuriazione romana: “A quei tempi - si legge in www.racine.ra.it - risalirebbe la divisione del territorio in centurie, antiche misure agrarie, da cui trae origine probabilmente il nome Trento”.

I primi coloni romani si insediarono dopo il 196 a.C., al termine della seconda guerra punica. Posta nell'omonima frazione del comune di Ravenna, ma nella diocesi di Forlì-Bertinoro, la pieve romanica dedicata a santi Pietro e Paolo ha origini antichissime, essendo stata edificata tra il VI e il IX secolo d.C. Alcuni autori le attribuiscono il toponimo di San Pietro in Trentula, o anche Trigintula, facendo riferimento all'ubicazione della chiesa, posta al trentesimo miglio della centuriazione romana. Nel ‘600 venne completamente trasformata, con rialzamento della facciata e dei muri esterni delle due navate laterali. L'abbattimento quasi completo del presbiterio, dell'abside e quello parziale della navata sud e del tetto, causato il 30 ottobre 1944 dall’esplosione del campanile minato dai tedeschi, ha comportato importanti interventi di recupero, avviati già nell’immediato dopoguerra. L'attuale torre campanaria è stata innalzata tra il 1961 ed il 1962, come costruzione autonoma rispetto alla pieve su precisa richiesta della Soprintendenza. “La chiesa di San Pietro in Trento – scrive Ettore Casadei nella sua celeberrima guida “Forlì e Dintorni” - era in altri tempi uno dei più pingui benefizi della Diocesi di Forlì e gli investiti erano per lo più nobili forlivesi”.

Nella lunga serie di famiglie “patrizie” elencate dal Casadei, troviamo i Guiccioli, i Patrignani, i marchesi Savorelli, i Paulucci e, neanche a farlo apposta, gli Albicini, nella persona del marchese Francesco, “morto in fresca età nel 1804”. Questo rimando alla nobile casata, originaria di Bologna ma divenuta grande nel corso della sua secolare presenza e operatività nel Cittadone, è il “trait d’union” con il “nostro” monumento di via Alturia. A differenza del campanile della vicina Pieve, andato distrutto nel corso del secondo conflitto mondiale, la Torre degli Albicini non è stata toccata dalla Wehrmact in ritirata ed è arrivata a noi miracolosamente intatta e con gran parte delle fattezze originali. Le voci sulla sua origine si sprecano: c’è chi afferma sia stata edificata dai Veneziani nel corso della loro breve dominazione in Romagna, a cavallo tra il XV e il XVI secolo. Il dato che più ci intriga è però la sua attribuzione a Caterina Sforza, signora di Forlì dal 1488 al 1500, suffragata anche dalla scheda contenuta nel Catalogo Generale dei Beni Culturali, che la definisce, appunto, Torre Sforzesca.

La destinazione originaria dell’edificio ad avamposto e punto di osservazione militare, è confermata da numerosi aspetti, a cominciare dai resti delle merlature tuttora visibili nel retro della costruzione colonica addossata alla torre, che in passato ha svolto anche la funzione di silos e deposito agricolo. La leggenda narra che, ai tempi della Leonessa di Forlì, consorte di Girolamo Riario a sua volta nipote di papa Sisto IV, all'ultimo piano della costruzione ci fosse una sala delle torture. Grazie alle sue linee essenziali, scevre da sovrastrutture posticce (si segnala solo un capannone agricolo sul retro, ma a debita distanza dal monumento), farebbe la sua bella figura in un ipotetico percorso turistico, che collegasse le città d’arte di Ravenna e Forlì. 

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La Torre Albicini

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Quella misteriosa torre nella campagna forlivese attribuita a Caterina Sforza

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