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Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Quando il Canale di Ravaldino dava scandalo

Nel corso dei secoli la misteriosa via d’acqua non si è fatta mancare nulla, nemmeno gli scandali. Il più eclatante era il suo utilizzo come piscina in alternativa ai fiumi. Uno dei tratti più contestati era quello scoperto, detto e’ Marinazz, coincidente con l’attuale via Pedriali, un tempo denominata via del Sole

Del Canale di Ravaldino, detto anche dei Mulini, si è già scritto tanto e in ogni dove. Uno degli ultimi cronisti ad esserci cimentato con la storia della secolare via d’acqua, è stato Marino Mambelli in “San Martino in Strada”, per la collana “I Borghi” edita da Almanacco: “E’ il tracciato idrico che capta le acque del fiume Rabbi in località Calanco ai confini con San Lorenzo in Noceto e che, dopo circa 20 chilometri confluisce nel fiume Ronco in territorio ravennate, a Coccolia. Il centro storico del capoluogo è penetrato dalle sue acque, oggi quasi totalmente sotterranee, con un disegno che riporta alla memoria un primitivo tracciato fluviale, un percorso che una volta fu il limite del foro e poi divenne separatore della città in espansione”.

Partendo dal grande medico forlivese Giovanbattista Morgagni, il quale in una sua lettera sostiene che “riguardo al Canale esistono antiche memorie fra loro ripugnanti”, Paolo Bonoli nelle sue “Istorie della città di Forlì” prima ne fa autore Scarpetta I Ordelaffi nell’anno 1057, per poi posticiparne la data di nascita al 1205, “derivando tale acqua per uso dei molini dal Fiume Calanco”. Giovanni Del Duca, nel suo testamento del 1178, ne parla come di “fiume nuovo, detto dei mulini e del canale di Calanco”. In soccorso alla storiografia ufficiale interviene nuovamente il Morgagni, affermando che “nel 1057 il Canale esisteva già senza ombra di dubbio”.

Nella sua lunga vita, la misteriosa via d’acqua, che i forlivesi più anziani chiamano ancora e’ canél (da qui la perdurante maleducazione di mandare in quel posto la gente scomoda), si è sempre posto diligentemente a servizio di opifici, gualchiere, mulini e persino lavatoi, senza, ahimè, dimenticare la funzione di… fogna. “Lungo il corso che attraversa Forlì - denuncia il professor Alessandro Pasqualini nel suo trattato, riportato da Elio Caruso nel primo volume dell’opera “Città e Cittadini fra Ottocento e Novecento” - i cessi non hanno serbatoio e le feci e le urine vengono a mescolarsi a quell’acqua. Tutti i rifiuti delle case, tutti i residui più immondi delle varie industrie sono gettati nel canale. Tutte le fogne della città portano le loro sozzure nel canale, lungo il quale non una pianta mette le sue radici, non un pesciolino vive, tanti e tali sono le lordure che esso trasporta”.

Nel corso dei secoli, il Canale per antonomasia non si è fatta mancare nulla, nemmeno gli scandali. Il più eclatante era il suo utilizzo come piscina in alternativa ai fiumi. Uno dei tratti più contestati era quello di via Pedriali (un tempo denominata via del Sole), detto e’ Marinazz. Posto in pieno centro, all’altezza della torre Numai, traeva il nomignolo dal soprannome popolarmente affibbiato ai Cicognani, patrioti garibaldini che abitavano proprio in quel punto. In piena estate, torme di ragazzini amavano tuffarsi senza ritegno in quel fetido braccio.

“Che il caldo eccessivo – annota Filippo Guarini nel 1884 – faccia sentire il desiderio, anzi il bisogno, di gettarsi nell’acqua e rinfrescarsi, è cosa naturalissima, ma che per far ciò s’abbiano poi a dimenticare tutte le regole di civiltà e decenza, è ciò che non potrà mai ammettersi”. E’ in quegli anni che cominciano a levarsi le prime voci, perché la Giunta Comunale provveda a tombinare il canale nei pochi tratti cittadini ancora scoperti. “Tale misura – insiste Guarini – oltre che provvedere alla salubrità, servirà anche a far cessare una buona volta il brutto sconcio che si commette in barba alle più elementari leggi del buon costume, di vedere scorrazzare per il canale medesimo dei giovinastri in costume, potrei fare a meno di accennarlo, adamitico”.

Dopo una prima sistemazione nel 1907, il Marinazz fu definitivamente chiuso nel 1929. Negli anni Cinquanta venne tombinato anche il tratto accanto al mulino Faliceto, in via Caterina Sforza. L’ultimo braccio cittadino, tuttora scoperto, del Canale di Ravaldino, è visibile tra via Molino Ripa e via Luigi Nanni. Per il resto, almeno in città, è notte fonda.

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79_Via.del.Sole(Marinazz)2-2

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