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La domenica del villaggio

La domenica del villaggio

A cura di Mario Russomanno

Meglio sola che male accompagnata

Questa non è storia realmente accaduta, è purtroppo verosimile. Per la prima volta in questa rubrica ho utilizzato la forma del racconto d’invenzione

Oggi è il Black Friday, il giorno dell’anno che preferisco. Eppure mi trovo qui, nel centro commerciale inaugurato da una settimana, solo come un cane. L’agitazione mi divora. Cammino a passo lento, fingo di guardar vetrine come chi ha testa libera e niente da pensare. Invece, penso, e come se penso. La testa mi frigge. Di chi è colpa? Di Gloria, la mia ragazza, viviamo assieme da due anni ma con me non sa rapportarsi. Non si sforza di capire chi sono, ed è questo che mi fa più incazzare. La tratto da regina: porto a casa più soldi di lei, faccio da mangiare più spesso e meglio di lei. Lei parla, racconta, ride, ha magnifiche tette, ma un risotto come si deve lo devo fare da me.

Andiamo a cena fuori. Ci tengo: bella com’è, faccio sempre figura. Cosa c’è di meglio di una coppia tranquilla al ristorante? Eppure, le scoccia vestirsi. Preferisce andare al cinema. L’ho portata non so quante volte a vedere film che m’annoiano. Quando andiamo a cena le spiego come si sceglie il vino; per un po' m’ascolta ma poi capisco che non gliene frega. Finisce che litighiamo. Torniamo a casa da nemici. Mi piazzo davanti al computer, mi viene mal di testa dalla rabbia. Se discutiamo finisce che trascendo e alzar le mani mi dispiace. Non mi piace menare la mia donna. Ho trentadue anni, lavoro in mezzo a gente a posto da quando ne avevo diciannove. So come si sta al mondo.

La prima volta l’ho menata dieci mesi fa, una sera in cui tornò a casa sventolando l’abbonamento a teatro. Sa che a teatro non vado. “Non ti arrabbiare, argomentò, m’accompagnano la mia amica e suo marito”. Le spiegai con santa pazienza che senza di me non sarebbe andata, men che meno con il marito della sua amica, uno sempre pronto a fare il saputo. Gloria mi si rivolse  fredda, come a un estraneo: “Non disdico l’abbonamento. Lavoro tutta la settimana all’asilo, a casa lavo, stiro, pulisco. Il venerdì vado a teatro e punto, il sabato facciamo quel che vuoi tu”. 

Non la riconobbi. Non aveva tutti i torti, ma non la riconobbi. C’eravamo messi assieme per difenderci dal mondo. Quella sera mi volle far capire che al mondo poteva starci anche senza di me.

Ve l’immaginate la mia Gloria che il venerdì va a teatro senza di me? A farsi veder, a far commenti, a divertirsi, come non esistessi? Non ci vidi più. Le mollai una sberla, Gloria si riversò sul divano. Pianse. Avrei continuato a picchiarla per farle pagare d’avermi portato a quel punto. Mi trattenni. Temetti se ne andasse. Finsi d’essere pentito. Tenne un muso ostile per due settimane. Mi misi in carreggiata, sperai che non parlasse in giro. Sapevo che sua madre le ripeteva: “E’ meglio, molto meglio, essere sola che male accompagnata”. Sua madre è una di quelle che hanno rovinato il mondo, è separata da quindici anni e se la passa benissimo. Non ha diritto d’impicciarsi, io e Gloria abbiamo messo su casa. Siamo io e lei, adesso. Con il resto che c’è fuori, che c’era prima, si tira una riga, quando si mette su casa.

Non crediate mi faccia piacere picchiarla. E’ che Gloria mi manda nei matti. Ormai non parla altro che dei bambini dell’asilo dove insegna. Un bambino ha fatto questo, l’altra bambina ha fatto quello E’ allegra, quando parla dei bambini. Quando parla di noi, invece, s’incupisce. Vorrei essere io il suo bambino, non mi vergogno. Una sera gliel’ho confidato. Credevo di farla contenta. Invece ha preso a guardarmi come fossi un serial killer. Ha sparecchiato in silenzio, s’è messa a leggere in camera, zitta. M’ha fatto sentire solo, proprio come oggi.  Sono qui, avanti e indietro in questa galleria piena di luci e suoni perché Gloria poco fa m’ha fatto saltare i nervi per l’ennesima volta.

Avevo preso un giorno di ferie per il Black Friday, sapevo che era il suo giorno libero dall’asilo. Ero contento: pregustavo una giornata insieme, mano nella mano, a guardar negozi e a farci guardare  dalla gente. Ma stamattina se n’è uscita dicendo che andava a passeggiare in campagna con le amiche. E che potevo andare tranquillamente con loro. Io in mezzo ai campi il giorno del Black Friday, stiamo scherzando? Con loro ci sono andato due volte mesi fa. Camminare è tempo perso. Vado in palestra due sere, pompo i muscoli. Così ci si scarica, non camminando. Che poi, Gloria e le altre mentre camminano parlano incessantemente. Di tutto e tutti, tranne che di me. Delle altre due non me ne frega, ma Gloria che s’infervora per una questione o l’altra mi fa incazzare.  

Stamattina è successo un casino. Gloria s’è messa la felpa da jogging e ha fatto per andarsene. M’ha guardato come fossi un peso. Ho provato a fermarla con le buone, s’è ribellata. Allora, solo allora, le ho dato un pugno nello stomaco. S’è piegata per terra, ho avuto paura d’averle rotto qualcosa. Sono uscito. Adesso sono qui, avanti e indietro senza meta. Tutti vedono uno sfigato da solo il giorno del Black Friday. E’ il regalo che m’ha fatto Gloria. Mi scoppia la testa. Una settimana fa Gloria parlava a bassa voce con la sua amica, quella del teatro. L’altra ha nominato uno di quei posti dove vanno le donne maltrattate. Ho paura che Gloria se ne vada.  

Mi arriva sul cellulare un messaggio di un mio collega di lavoro. Mi avverte che sono venuti i Carabinieri a cercarmi in ufficio, non si sa per cosa. Divento matto: Gloria mi ha denunciato. I Carabinieri verranno senz’altro a cercarmi qui. Mi manca l’aria, ho la testa pesante. Forse muoio, voglio far sapere a tutti che non è colpa mia. E’ Gloria, ad aver rovinato la nostra vita. Non voglio andarmene in silenzio.

Vedo in mezzo alla galleria principale due ragazze che propongono abbonamenti a Sky. Stanno usando un microfono per richiamare gente. S’è radunata una piccola folla. Hanno un pubblico perché sono belle, io un pubblico non l’ho mai avuto. Tra un po' mi arresteranno, non potrò più spiegare nulla a nessuno. Strappo il microfono dalla mano della ragazza e mi rivolgo alla folla. E’ una buona idea, sono al centro del mondo. La gente ascolta. Spiegarmi mi viene facile.

“La mia ragazza mi ha denunciato. Una volta non andava così. I miei nonni avevano un negozio di fiori. La sera lui andava a giocare a carte. Quando perdeva molti soldi lei lo sgridava, allora lui la menava. Non l’ha denunciato. Ha tenuto in piedi la famiglia. A quei tempi stare assieme era la cosa più importante.  Adesso siete qui mano nella mano ma prima o poi vi ritroverete da soli ”.

Ecco, ho detto come stanno le cose. Rendo il microfono alla ragazza, non ce l’ho con lei.  Nessuno mi consola. Mi scrutano come fossi matto, sale un vociare minaccioso. Una ragazzina davanti a me ha l’aria spaventata, ma a lei non farei alcun male. E’ con Gloria che ce l’ho. E’ inutile, la gente non capisce. Non basta avere un pubblico per spiegarsi.

Arrivano due energumeni della sicurezza del centro commerciale con le felpe nere. Sono  bestioni. Mi strattonano. Vigliacchi, approfittano d’essere più grossi di me. Sul fondo della galleria scorgo due Carabinieri in divisa, una donna e un uomo. La gente mi osserva, tutti credono d’essere migliori di me. Spero che Gloria si senta in colpa per quel che ha combinato. Che mi aiuti. Lo sa: voglio solo stare con lei, non chiedo altro.

Questa non è storia realmente accaduta, è purtroppo verosimile. Per la prima volta in questa rubrica ho utilizzato la forma del racconto d’invenzione. Non ho trovato strumento migliore per dire quel che intendevo. Premessa: ho frequentato per decenni ambienti giovanili, ho apprezzato tantissimi splendidi ragazzi, ben lontani dal protagonista di questo racconto, indirizzato agli uomini. Nella nostra terra sono attivi gruppi e istituzioni al servizio di donne e ragazze spaventate. Ne ho intervistato i responsabili. Potrebbero scrivere racconti ben più efficaci, o angoscianti, di questo. Non hanno tempo di farlo, sono sul campo: la realtà supera largamente la fantasia. La tempestività delle decisioni prese dalle donne e da chi è preposto può impedire che la difficoltà si trasformi in tragedia.

Buona domenica, alla prossima.
 

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