Vetrina di Manoni 2.0: omaggio a Giovanni Marchini
Il negozio per belle arti Manoni 2.0, in Corso Garibaldi a Forlì, come sempre attento alle correnti estetiche e culturali più svariate, offre in vetrina una breve rassegna di opere dell’artista concittadino Giovanni Marchini, nel 75esimo anniversario della morte. Il pittore fu allievo di Fattori e la sua grandezza (riconosciuta anche all’estero con citazione sulla prestigiosa guida Akoun) si esprime, ma non si esaurisce, nella “macchia”. E’ vero, non si allontanò dall’orientamento, spontaneo e vitale, in cui aveva mosso i primi passi, non aderì ad alcuno dei molteplici movimenti attivi da tempo nella vecchia Europa o emergenti agli inizi del secolo scorso, tenne tuttavia in grande stima la lezione classica ottocentesca, le prove di accademia, le avanguardie e gli approdi della modernità, arricchendo così il suo mondo di fermenti e di richiami che vanno dal realismo di Millet e Daumier alla fugace rimembranza della scuola “napoletana”, dal fascino della coniugazione divisionismo-simbolismo operata da Segantini agli accenni preraffaelliti evidenti nelle opere mistiche, dalla vicinanza alla secessione romana alla suggestiva rappresentazione di ambienti dal sapore Liberty orientaleggiante. Il patrimonio che ci ha lasciato è pieno di amore, di impegno civico e sociale, è poesia degli umili, della vita bucolica, della solitudine umana e degli animali, a noi accomunati nel sostenere la fatica del lavoro e i problemi di ogni giorno. Come egli stesso ebbe a dire “…la mia evoluzione artistica non vuole né può scordare le origini né smentirle, ma recarle trionfatrici in nuova veste sugli scudi di una immutata spiritualità”. Una pittura, dunque, originalissima, piena di echi, di citazioni, di suggerimenti, che innova ed arricchisce il nostro cuore, la nostra tradizione, la nostra storia. Tra i quadri esposti, mi soffermo brevemente sulla nobile grandezza che emana dal ritratto della bisnonna, sul tenero sogno che illumina il profilo della giovinetta, sul vigore morale e fisico che caratterizza i presunti autoritratti, quello giovanile e quello nel pieno della virilità, matite o tecniche varie che rivelano la incisività psicologica del disegnatore di razza. Cito, inoltre, l’abbozzo che riprende, dall’alto e da angolazione retrostante, il corpo di un ferito o di un militare ucciso, accasciato sul carro che corre verso il nulla al traino di un cavallo in fuga, tragica denuncia dell’orrore della guerra, scena resa ancor più drammatica dalla visuale di taglio quasi futurista. Concludo con l’immancabile ricordo dei gentilissimi Arrigo e Monique Marchini, figlio e nuora dell’artista, recentemente scomparsi, che con affettuosa sollecitudine e premurosa cura ne hanno sempre divulgato l’opera.
Franco Fuzzi