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Green pass, Confcommercio: "Nella ristorazione i non vaccinati sotto il 10%. C’è tanta voglia di lavorare"

Secondo la stima dell’Ufficio Studi di Fipe-Confcommercio Forlì, i lavoratori dei pubblici esercizi che ancora non si sono sottoposti a vaccinazione sono meno del 10%

È entrato in vigore il 15 ottobre scorso l'obbligo di possedere il green pass per accedere ai luoghi di lavoro, pubblici e privati. E il debutto operativo del green pass non è certo privo di problem,  a partire da quelli evidenziati dal mondo della ristorazione. "Ma vaccini e green pass stanno sorreggendo la ripartenza del Paese - evidenzia il direttore di Ascom-Confcommercio Forlì, Alberto Zattini -. A partire da questo dato, occorre rafforzare fiducia e coesione sociale. Ma sul tema del costo dei tamponi bisogna essere determinati e Confcommercio ribadisce il suo no all’ipotesi di scaricarli sulle imprese. Gli imprenditori forlivesi hanno già sostenuto ingenti oneri organizzativi ed economici per l’adeguamento dei luoghi di lavoro alle discipline concordate nei protocolli vaccinali. E non è nemmeno una questione esclusivamente di costi, ma anche di principio perché alla base c’è il fatto che il vaccino e il green pass sono del tutto gratuiti e la campagna vaccinale va assolutamente sostenuta e accelerata. Quindi è il lavoratore che non vuole fare il vaccino che deve sostenere i costi dei tamponi.

Il punto nel settore della ristorazione

Secondo la stima dell’Ufficio Studi di Fipe-Confcommercio Forlì, i lavoratori dei pubblici esercizi che ancora non si sono sottoposti a vaccinazione sono meno del 10%. Quindi solo una percentuale marginale di chi lavora in bar e ristoranti sarebbe al momento senza green pass. "Vale la pena ricordare che il altri comparti la percentuale è più che raddoppiata - tiene a precisare Zattini -. Lo shock del primo e del secondo lockdown, che hanno visto centinaia di dipendenti di bar e ristoranti forlivesi restare senza lavoro per mesi, ha scatenato una reazione forte di auto protezione. Il risultato è che la stragrande maggioranza dei nostri collaboratori è corsa a vaccinarsi appena possibile. Il desiderio di lavorare senza rischi e con continuità si è rivelato più forte di qualsiasi altra considerazione. Rimane la preoccupazione per i dipendenti non vaccinati che per accedere ai luoghi di lavoro dovranno effettuare ripetutamente il tampone. Dopo i chiari di luna del primo lockdown e i lunghi mesi di misure restrittive c’è bisogno di ogni singolo lavoratore per poter offrire ai clienti un servizio all’altezza e questa nuova complicazione, pur necessaria, non aiuta".

"Nell’ultimo mese e mezzo i titolari di bar e ristoranti si sono dimostrati straordinariamente diligenti nell’applicazione della norma che li obbliga a verificare il green pass dei clienti che intendono consumare all’interno dei locali - prosegue -. Dei tanti controlli effettuati dagli organi accertatori nel territorio, pochissime sono le sanzioni elevate, che  hanno riguardato un numero marginale di imprese. È la prova della serietà di un settore troppo spesso sommariamente accusato di voler eludere le regole, ma è anche la dimostrazione del desiderio di centinaia di imprenditori di tornare a lavorare in sicurezza e con continuità. Tanto da assumersi compiti di controllo che certo non sono propri di chi si occupa di ospitalità.

"Nel Forlivese le imprese del terziario, tolta qualche eccezione hanno attivato il controllo del green pass dei dipendenti e il 90% sostiene di non aver contrato difficoltà particolari - evidenzia Zattini -. Le criticità maggiori risiedono nelle complicazioni organizzative per i controlli in entrata e nel dover fare a meno di personale sprovvisto del green pass. Segnalate anche difficoltà di controllo continuativo per quelle attività che hanno più sedi sul territorio o punti vendita con un solo lavoratore.  La priorità per tutte le imprese, però, è l'uscita definitiva dall'emergenza sanitaria e in questo senso il green pass è certamente uno strumento utile§".

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