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L'alluvione spiegata da un tecnico dei fiumi: "Piuttosto che difenderli inutilmente, bisognerebbe spostare case e fabbricati"

L'arrivo del fiume Montone in pianura dalle vallate rappresenta una sorta di “tappo”, qui varia bruscamente la velocità dell'acqua e servirebbe dare maggiore spazio al fiume per espandersi

L'arrivo del fiume Montone in pianura dalle vallate rappresenta una sorta di “tappo”, qui varia bruscamente la velocità dell'acqua e servirebbe dare maggiore spazio al fiume per espandersi. Ma questo punto critico del percorso del Montone corrisponde proprio all'asse della via Emilia, dove ci sono più costruzioni e la vita delle persone è proprio a ridosso degli argini. E' la disamina tecnica che arriva da Fausto Pardolesi funzionario dell'Agenzia Territoriale regionale, esperto dei fiumi dell'area forlivese.

Intervistato da Mario Russomanno per la trasmissione televisiva "Salotto Blu" su Videoregione, ha riportato la propria testimonianza sulla recente alluvione e sugli scenari futuri, spiegando alcuni passaggi tecnici. In particolare ha spiegato che “gli argini sono stati sormontati e hanno tenuto tutto sommato bene, ma quando in due settimane si ha una piena monosecolare e una duecentenaria andiamo oltre ad ogni previsione probabilistica”.

“E' una questioni di volumi – spiega Pardolesi -, finché il fiume scorre in montagna è veloce, ma quando arriva in pianura rallenta, dato che ha un dislivello di 16 metri rispetto alla foce, 16 metri su circa 50 chilometri di percorso”. Questo genera la necessità in quel punto di dare più spazio, più volume di espansione al fiume proprio nella fase del rallentamento, ma proprio qui sorgono le case e le aziende dei Romiti, di Schiavonia, Cava, Villanova e Villafranca. Un imbuto.

“Era meglio tenere il terreno sgombro per l'espansione del fiume”, ragiona Pardolesi. “Evidentemente non si è costruito in modo prudente, dal Dopoguerra in poi facendo partire urbanizzazioni in zone depresse orograficamente (come i Romiti o in certe zone del Ronco, ndr), oppure troppo vicino agli argini”, è stato il ragionamento. “Ma non è vero che non ci sono casse di espansione, ce ne sono per molti milioni di metricubi a monte della via Emilia, ma evidentemente in questo caso non sono stati sufficienti”, continua Pardolesi.

Il problema è anche il fango. “Il fango non è usuale di tutte le piene, in questo caso nelle vallate il fiume si è ripreso spazi che non usava da almeno un secolo, erodendo le sponde per centinaia di metri, il fango proviene da lì”. Come prevenire future alluvioni, anche alla luce dei cambiamenti climatici? “Bisogna lasciare spazio al fiume – conclude Pardolesi – e piuttosto che costruire protezioni ad abitazioni e altre costruzioni troppo vicine al fiume, per poi doverle riparare a ogni piena, bisognerebbe delocalizzare i fabbricati, spostarli in zone più sicure”.

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