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Alluvione e danni

Appennino devastato dalle frane, l'appello del territorio: "Servono interventi prioritari. A rischio abbandoni definitivi"

Il primo firmatario del documento, condivise da 21 realtà del territorio collinare e montano, è  Gianni Fagnoli del "Podere I Fondi" di Rocca San Casciano

Non si spengano i riflettori sulle urgenze improrogabili che richiede l'Appennino romagnolo, devastato dalle frane. Questo in sintesi l'appello firmato da diverse realtà agricole, economiche e associative dell'entroterra, che ha come destinatari cittadini, istituzioni e realtà sociali ed economiche del territorio, con l'intenzione di "innescare un confronto e sviluppare iniziative che richiamino attenzione e impegno immediato per la nostra montagna ed il suo popolo". Il primo firmatario del documento, condivise da 21 realtà del territorio collinare e montano, è  Gianni Fagnoli del "Podere I Fondi" di Rocca San Casciano.

"Ci sono ferite che lasciano cicatrici profonde, segno di sofferenza, ma anche di una guarigione che ha salvaguardato l’organismo colpito, rimarginando e permettendo il normale prosieguo della vita - esordisce il testo -. Altre lacerazioni rimangono invece aperte, specie se trascurate, rischiando di allargarsi, sviluppare infezioni irreversibili e diventare fatali. Quest’ultimo è il caso attuale del nostro Appennino Romagnolo, la cui stessa esistenza, quale realtà di insediamenti e attività umane, si vede oggi drasticamente messa in discussione, come mai accaduto nella sua storia millenaria".

"L’impatto degli eventi catastrofici di Maggio ha prodotto sulle nostre aree montane e collinari un dissesto inedito e sconcertante, lesioni tanto vaste quanto gravi, nonché appesantite dal protrarsi dell’anomalia meteorologica, con uno stillicidio di precipitazioni successive, straordinarie per frequenza ed intensità, spingendo tutte le situazioni oggi precarie verso esiti di collasso - viene rimarcato -. L’incredibile movimento franoso ancora in atto ha portato al disfacimento fisico intere sezioni orografiche: chilometri di versanti compromessi e lacerati dall’erosione, privati del manto vegetale e ancora carichi di masse terrose e detriti instabili, si associano a spinte e pressioni non assestate che incombono su strade, abitazioni, fabbricati e terreni agricoli, movimenti potenzialmente in grado di generarne altri nuovi di portata ancora più vasta e pericolosa, fino a minacciare direttamente i centri di fondovalle. Sì riproporrebbero così inevitabilmente le criticità finora tamponate con tanta fatica, dilatando l’effetto di quelle esistenti e aprendone di nuove, potenzialmente peggiori".

"Non è possibile dunque pensare di affrontare la prossima stagione autunno-invernale in queste condizioni, così come altri afflussi di prolungata instabilità meteorologica - prosegue il documento -. Se non si comincia ad intervenire al più presto con estrema urgenza, è inoltre chiaro come un ulteriore dilavamento delle fragilità attuali darebbe luogo a nuovi incontrollabili fenomeni di ruscellamento, anche con pochi millimetri di pioggia, volumi di melma che andrebbero poi velocemente a riversarsi, assieme a vecchie e nuove masse di detriti, negli alvei già martoriati della pianura, con le conseguenze che tutti abbiamo visto. È nell’interesse di tutte le fasce di territorio perciò che indichiamo l’Appennino come area prioritaria di intervento, da cui procedere immediatamente con un piano straordinario di bonifica e messa in sicurezza che cominci a lavorare da subito".

"È chiaro che se le zone montane dovessero subire da questo disastro un’ulteriore emorragia di attività e insediamenti, questo significherebbe un gravissimo problema nella vigilanza e nella gestione idrogeologica del territorio - è l'osservazione -: una montagna meno presidiata e meno coltivata, equivarrebbe a meno cure, meno manutenzioni, meno monitoraggi e meno interventi di risanamento. Esattamente il contrario di quello che serve oggi. Contro ogni pericolo di nuovi spopolamenti occorre allora cominciare a dare risposte tempestive, aiutando massicciamente i Comuni garantire il ripristino dell'agibilità della rete stradale locale e sostenendo con ogni strumento possibile le attività di chi vive in Appennino e di Appennino. Questo perché ogni altra eventuale ondata di abbandono delle terre montane potrebbe essere quella definitiva".

"Chi, nelle sedi preposte, non volesse farsi carico di questo impegno immediato e concreto, dovrà poi assumersi la responsabilità di dichiarare chiusa la storia dell’insediamento umano nell'Appennino romagnolo - viene aggiunto -. Non è accettabile asserire come i problemi siano tanti e molto gravosi quale alibi per non cominciare nemmeno a porvi mano. Non è tollerabile vedere Comuni montani e attività economiche affidarsi alla beneficenza per rispondere alle proprie necessità. Con questo documento vogliamo inoltre chiedere con forza un aiuto pubblico deciso, importante e soprattutto rapido per le attività agricole appenniniche, che costituiscono forma e sostanza di questo ambiente, specie per ripristinare nelle loro competenze gli accessi, i drenaggi, le reti di scolo, i contenimenti e tutto ciò che serve per mettere in sicurezza i versanti dei rilievi su cui operano, da movimenti franosi vecchi e nuovi".

"È evidente che se lasciati soli, specie con le attuali prospettive di forte riduzione del reddito agricolo, per gli effetti connessi, contestuali e collaterali all’anomalia stagionale, gli agricoltori non avrebbero alcuna possibilità di un recupero autonomo soddisfacente delle condizioni morfologiche precedenti, ancor più se, come in molti casi, caricati di costi ulteriori dovuti all’isolamento aziendale, alla distruzione di beni strumentali e alla perdita della precedente orografia poderale - continua il testo -. Non possiamo fare a meno infine di notare, con rammarico, come una distorta percezione di quanto è accaduto e ancora sta accadendo nella nostra area, non renda una lettura corretta e proporzionata alle reali dimensioni del disastro che ci sta travolgendo".

"Abituato a non essere considerato, l’Appennino non lo è purtroppo nemmeno in questo frangente drammatico - è l'amara considerazione -. Si arriva a definire quello della stabilità idrogeologica di un intero territorio, al massimo come un problema di interruzioni stradali, quasi fosse un fenomeno minore rispetto a quello, pur grave, dell'allagamento. Chiediamo tuttavia a qualsiasi cittadino, solo per fare un esempio, se ritenesse preferibile per la propria casa ritrovarsi in condizione di allagamento, oppure con una voragine a pochi passi dall’uscio, con un pezzo di montagna giunto a pochi metri dai muri o un movimento franoso che minaccia la stabilità dell’edificio ad ogni allerta meteo. Tremare ad ogni previsione di pioggia perché potrebbe essere quella decisiva per vedersi scomparire l’abitazione, non ci pare più desiderabile di altre condizioni".

Hanno firmato l'appello anche Nicolò Vanigli (Podere Campàz, Castiglione), Fabio Cappelletti (Az. Agr. In nome del pane, Dovadola), Martina Romualdi (Liberi&Selvaggi, Premilcuore), Massimiliano Zandomeneghi (Azalea& Colibrì, Rocca San Casciano), Benjamin Jordan (B&B naturaliterre microfattoria, Dovadola), Stefania Bergamaschi (apicoltrice, Predappio), Alain Pennacchi (Az. Agr. Pennacchi Roberto, San Piero in Bagno), Ottavio Frulli (Circolo Acli, San Leo), Antonella Ciccarella (Agriturismo Re Piano, Modigliana), Paolo Martini (Martini Società Agricola, Civitella di Romagna), Moreno Quadalti (Az. Agr. Quadalti e Carloni (Modigliana), Rita Neri (Az. Agr. Vossemole, Marradi), Petrini Marino (Az. Agr. Petrini Giacomo e Marino, Civitella di Romagna), Manuela Ghedina, (Società agricola Cà Gianna, Tredozio), Manuele Malavolti (Az. Agr. Malavolti Manuele, Modigliana), Azienda Agricola Biserni Lidiano (Premilcuore), Azienda Agricola Marco Leoni (Premilcuore), Chiara Capanni (D'l Azdora, Predappio Alta), AZ.agr. Tedaldi Romi &c. (Agriturismo Ca’ Martino, Premilcuore) e Room and Breakfast bar alimentari La Rosa del Rabbi (Premilcuore).

"Le realtà che hanno sottoscritto questo documento intendono porre tali questioni all’attenzione di cittadini, istituzioni e media locali, affinché si sviluppi una sensibilità ed una comprensione corretta della questione appenninica, stimolando in qualsiasi sede discussione, dibattito e mobilitazione attorno ai punti sopra esposti, a nostro parere centrali - conclude il testo -. Cercare di innescare un confronto, attirando attenzione su questi temi, ci sembra il minimo che si possa fare per le nostre montagne, che tanto ci hanno dato e che non abbandoneremo al silenzio e all’indifferenza".

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