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Morto a Londra a 100 anni il soldato inglese Tom Parkinson: nel suo diario i ricordi di Forlì al tempo della guerra

Il libro di memorie di Parkinson si conclude con il suo addio a Forlì e il ritorno in Inghilterra il 15 marzo del 1946. E da lì la sua vita ricomincia

E' morto a Londra a 100 anni Tom Parkinson, un soldato inglese che ha lasciato un diario contenente anche dei ricordi su Forlì, in circostanze che possono sembrare strane, dato che giunse in città a guerra finita per "ripulire" ciò che era rimasto da fare. Non che non abbia partecipato alla guerra. Anzi, fu tra i soldati più esposti al fuoco nemico nel suo ruolo di portaordini tra i comandanti anglo-americani, sempre a cavallo delle sue motociclette. Reclutato a 19 anni nel 1942 venne spedito sul fronte nordafricano prima di sbarcare in Sicilia nel luglio del 1943.

Poi via via , quasi sempre su due ruote, eccolo farsi strada verso Anzio, Montecassino e la Toscana. A notare le sue memorie con i ricordi di Forlì è Alfio Bernabei, autore e storico di origine dovadolese residente a Londra, che ammette di essere rimasto sorpreso nell'apprendere episodi sul ritorno di soldati inglesi in Romagna dopo la guerra. A che scopo? "Pensavo che dopo la Liberazione dell'aprile 1945 gli Alleati avessero dato addio definitivo anche a Forlì - spiega - e invece Parkinson racconta come dopo essere tornato a Londra nell'ottobre del '45, tre settimane dopo ricevette un telegramma che gli ordinava di presentarsi 'al parcheggio veicoli numero 38 di Forlì entro il 31 novembre'. E li arrivò dopo tre giorni di viaggio in treno." Nell'ambito di un compito spesso tralasciato dagli storici, i soldati alleati erano incaricati di occuparsi dei veicoli che gli eserciti si erano lasciati dietro. Bernabei spiega: "Parkinson scrive che al suo arrivo a Forlì in una giornata umida e nebbiosa si ritrova al quarto piano di quello che era stato un vecchio ospedale per bambini, con la luce procurata da mezzi di fortuna e niente acqua calda. Dorme sul pavimento. Insieme ad altri soldati comincia il suo lavoro intorno all'aeroporto. Si tratta di smontare i carri armati inglesi chiamati Churchill per rispedirli in Inghilterra e quelli americani chiamati Shermans per ottemperanza a quella che descrive la norma 'Lease and Lend' che a suo dire comporta la restituzione dei veicoli agli americani proprio come se fossero stati presi in prestito."

"Parkinson spiega che pezzi e componenti dei carri armati, come fucili, munizioni, radio, ecc. vengono separati e messi dentro contenitori di legno e che a fare opera di manovalanza sono dei prigionieri tedeschi sotto supervisione degli inglesi. Racconta un episodio raccapricciante in cui un soldato tedesco rimane intrappolato sotto un carro armato. Parkinson gli offre una sigaretta mentre lo portano in ospedale. Il giorno dopo muore". Bernabei ha trovato nel diario altri episodi avvenuti a Forlì, che avrebbero potuto finire con dei morti. "Una notte a Parkinson viene ordinato di sparare contro dei ladri che si erano intrufolati tra piccoli veicoli chiamati 'snowmen', dopo aver scoperto che gli stessi copertoni possono essere usati per delle auto FIAT. I colpi finiscono per crivellare i muri di una casa dove la gente dorme. Un altro incidente in piena Forlì rischia di sfociare in uno scontro sanguinoso. Un venerdì di gennaio del 1946 gli inglesi organizzano una festa da ballo 'con tutte le ragazze locali invitate e una bella orchestra'. All'uscita, improvvisamente, i partecipanti vengono accolti da una 'tempesta di fuoco' proveniente dall'edificio di fronte. Un'imboscata? I festaioli battono in ritirata. Poi si scopre che a sparare all'impazzata sono stati soldati polacchi per vendicarsi del fatto che nessuno li aveva invitati. Parkinson scrive che, se solo i soldati inglesi come lui fossero stati armati, avrebbero certamente risposto al fuoco come ai tempi della guerra". Il libro di memorie di Parkinson si conclude con il suo addio a Forlì e il ritorno in Inghilterra il 15 marzo di quello stesso anno. E da lì la sua vita ricomincia.

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