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Cronaca

Omicidio Severi, i guanti insanguinati nel cofano? Il perito fa una prova: "Si possono mettere da sotto in 8 secondi"

L'imputato ha sempre dichiarato che quei guanti intrisi di sangue sono stati messi lì, nel cofano della sua Fiat Panda, da qualcuno che lo voleva incastrare

L'imputato ha sempre dichiarato che quei guanti intrisi di sangue sono stati messi lì, nel cofano della sua Fiat Panda, da qualcuno che lo voleva incastrare. Da chi? Daniele Severi nell'immediatezza del ritrovamento non ha esitato a incolpare anche i carabinieri del Ris che li hanno trovati durante la perquisizione. E per sostenere questa tesi, nel corso del processo per omicidio per la morte di Franco Severi, di cui è incolpato il fratello Daniele, la difesa fa ricorso ad un consulente che fa una prova. L'esame è avvenuto nel corso dell'udienza di giovedì pomeriggio.

Il perito della difesa Stefano Cimatti, trova così una macchina dello stesso modello della vecchia Panda di Severi e fa, con un meccanico, delle prove per posizionare dei guanti nel vano sotto il fanale senza aprire l'abitacolo della macchina. “Portandosi sotto la vettura e allungando un braccio per quest'operazione ci sono voluti 8 secondi”, dice Cimatti. Un altro tentativo è riuscito facendo scattare una molla di rilascio del cofano, tirando un cavo con un dito, e aprendo quindi da sopra. 

Omicidio Severi: i periti della difesa sulle tracce di sangue

Come a dire che se qualcuno avesse voluto mettere dei guanti lì, nei 5 giorni che sono passati tra il ritrovamento del corpo e il loro rinvenimento sotto il fanale, avrebbe potuto farlo con una certa facilità. E sul punto l'avvocata della difesa Maria Antonietta Corsetti protesta perché “manca la documentazione fotografica dell'estrazione dei guanti dal cofano motore”, mentre la pm Federica Messina ricorda che “se anche non c'è un video dell'estrazione, è tutto scritto nei verbali”. 

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Cimatti, come seconda attività di indagine difensiva, traccia delle possibile telecamere, non controllate dagli inquirenti, su percorsi alternativi tra la casa di Daniele Severi, a Meldola, e il podere abitato da Franco, a Civitella. Vengono così individuate due telecamere su due ponti di Meldola verso Fratta e Teodorano. “Ha controllato in Comune? Sono due telecamere pubbliche spente”, tuona in risposta l'avvocato della parte civile Max Starni. 

E ritorna, infine, la bambola sex-toy a grandezza naturale, trovata in una cassa a bordo strada, con la testa smontata, circa un anno prima dell'omicidio. Per la difesa una minaccia proveniente dal mondo della prostituzione, suppostamente frequentato da Franco. Una burla, un oggetto abbandonato a margine di qualche “addio al celibato” particolarmente esuberante per i carabinieri che mandarono l'oggetto allo smaltimento come rifiuto. Cimatti rileva che, tra cassa e bambola, c'erano 2.000-3.000 euro di beni in buono stato buttati a bordo strada, e che il suo abbandono era a 158 metri in linea d'aria della salita al podere Severi. Attacca Starni: “L'abbandono era su una strada che non c'entra nulla con la casa di Franco Severi, mentre all'epoca l'abitazione era accessibile perché non era stata ancora installata la sbarra all'inizio della strada”

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