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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Natale: in sette tappe una Forlì inconsueta

La festività cristiana porta con sé lauti pranzi. Per meglio assimilarli, si propone una passeggiata per il centro storico in luoghi poco addobbati.

Con l'augurio di trascorrere un tempo di Natale nel migliore dei modi, si propone un itinerario che potrebbe essere utile per smaltire le calorie accumulate in questi giorni e per riscoprire angoli nascosti di Forlì. Il tutto può essere fatto in poco più di un'ora, sebbene la camminata senza soste difficilmente potrebbe superare la mezz'ora. Infatti, sono previste pause di approfondimento, con collegamenti a passati articoli di questa rubrica. Nell'immagine, riprodotto su una pianta di Forlì di inizio Novecento (quindi molti nomi di strade risultano differenti), in grigio si vede il percorso con le cifre sui luoghi delle tappe. La partenza è nel parcheggio dell'Argine, sotto le mura (se ci fossero ancora) lungo viale Salinatore. Una stradina con una sbarra, poco prima della palestra, connette la via asfaltata con uno sterrato che conduce alla pista che dal ponte di Schiavonia raggiunge il Parco Urbano seguendo l'argine destro del Montone. Una volta raggiunta la pista, occorre voltare seguirla in direzione Schiavonia, quindi verso destra. In questo tratto, il più selvatico, si possono avvertire i rumori di quando Forlì non c'era: l'acqua che scorre, per esempio, segni e segnali della piccola fauna. In un luogo così ferace s'insediarono i primi forlivesi. In un contesto simile doveva presentarsi la Forlì preromana, un po' etrusca, un po' umbra, un po' celtica. E, ancor prima, vissuta da progenitori antichissimi, come testimoniano i ritrovamenti nei pressi di Monte Poggiolo e non solo. 

Si raggiunge ben presto uno spiazzo erboso. Si tratta di un punto importantissimo, in quanto si vede ciò che resta della Torre dei Quadri con la Celletta del Giglio sempre lì, con una Madonnina più recente omaggiata con fiori e un lumino. Si può immaginare che qui ci fosse un varco collegato a un ponte: la Porta Valeriana, o Liviense (o chiamata in altri modi), abbandonata a se stessa già nel Trecento, e il Ponte Rupte (anch'esso chiuso in tempi remoti), ultima traccia di un collegamento ancestrale tra il Forum Livii e la Livia, atmosfera che ci riporta a tempi in cui qui, tra le selve e fiumi dalla portata incostante, una serie di villaggi, eredi addirittura di insediamenti preistorici, venne poi ordinata dalla volontà di Roma. Un castrum sull'argine sinistro, un forum sull'argine destroentrambi dedicati a un Livio: così tramandano i cronisti. Ci si può fermare per approfondire qualche vicenda di questo luogo leggendo qui. Altre notiziole che si spera possano interessare, qui.

Si risalga verso viale Salinatore lungo uno dei piani inclinati prossimi alla Torre dei Quadri, oggi ristorante esotico. Attraversando la circonvallazione ci si ritrova in via Battuti Verdi. Strada larga e rettilinea, allineata con la Torre dei Quadri, che pare essere stata costruita sul solco del decumano romano. Infatti, si è usciti dalla città antichissima e ci si è inoltrati in ciò che resta del Forum, il rione Schiavonia, isola della città che non ha subito troppi stravolgimenti durante e dopo la guerra, rimanendo fedele a se stesso. Via Battuti Verdi prende poi il nome di via Giovita Lazzarini e s'innesta in corso Garibaldi poco prima del Ponte dei Morattini, cioè piazza Melozzo, dove fa ombra il campanile della Trinità. Percorrendo quello che potrebbe essere il cardo del Forum, corso Garibaldi, verso la Porta, si raggiunge la piccola via Farabottolo. Si noti il selciato che da queste parti è rimasto: altrove rimane sotto una triste colata di asfalto. La stradina termina con un largo chiamato piazza Bernardi, intitolata a Novacula, alias del cronista barbiere del Quattrocento. Oltre a trovarsi in un luogo di Forlì poco battuto, si ha davanti il muro del monastero della Torre o della Ripa, ampia area che merita urgenti interventi. Questa è la seconda tappa, per raggiungerla ci sono voluti dai 5 ai 10 minuti per circa 600 metri di distanza dalla Torre dei Quadri. Per qualche contributo ulteriore, ci si può fermare e leggere qui. Una curiosità in più, per gli appassionati, si scopre qui

Per arrivare alla terza tappa bisogna seguire via Giovine Italia verso l'abside della Trinità che un tempo, invece, fungeva da facciata. Questi passi calpestano il cuore della città romana di cui ancora ci sarebbe molto da scoprire. In poco meno di trecento metri si raggiunge piazza Melozzo, un antico triangolo su cui è molto probabile che millenni fa sorgesse una basilica (nel senso precristiano del termine) e altre strutture idonee al Forum. Un corso d'acqua significativo tagliava il luogo in due parti, forse un antico fiume, poi un canale probabilmente navigabile vista la stazza del maestoso Ponte dei Morattini, appianato nell'Ottocento fino a ridursi a malcurate fondamenta nascoste nel sottosuolo, o a stento visibili tramite una finestra che spesso, più che altro, mostra condensa. Per indagare meglio, si può approfondire qui e, perché no, anche qui

Dopo appena tre minuti si è giunti alla quarta tappa. Passando tra i palazzi di corso Garibaldi, si avverte sempre più chiaramente che si sta lasciando la città romana per la città medievale. Avanzi di case torre si scorgono qua e là, residui di un passato di famiglie rancorose che non vollero regalare ai posteri un profilo urbano degno di Bologna. Le stradine laterali si fanno sempre più strette, con facciate incombenti, vagamente claustrofobiche. Per esempio così è via Gaddi, sede della tappa, l'esempio più bello della Forlì di quei tempi. Percorrendo la strada fino a via Maroncelli, si può leggere qui: non ha nulla a che fare con la città medievale, ma contribuisce a rendere una certa atmosfera che, se avvolta da un giorno di nebbia, è vieppiù suggestiva. Per chi amasse delucidazioni politiche su quei tempi, si consiglia di buttare l'occhio qui

Camminando lungo via Maroncelli, caratteristica per le belle facciate austere dei palazzi dell'aristocrazia forlivese, si può svoltare a sinistra in via Hercolani e ancora a destra in via Maldenti. Qui, nel retro di palazzo Hercolani e al cospetto della facciata con richiami ghibellini delle case Maldenti si può collocare la quinta tappa. Si noti un punto di vista emblematico: la stradina, prima di sterzare costeggiando un vecchio chiostro poi ristorante "Vecchia Forlì" e ora cinese, sembra infrangersi contro il maestoso palazzo della Prefettura. Pare evidente che qui la città medievale finisca per lasciar spazio al Rinascimento. Infatti, due passi e spariscono le stradine col selciato per aprirsi in piazze ariose. Piazza Ordelaffi, uno dei "centri" della città mobile, area della Cattedrale, sede dei Signori omonimi fino a quando preferirono spostare il domicilio nell'attuale Municipio. Qui si respira un'aria ancora una volta diversa. Per rendere l'onore delle armi alla famiglia che, con tutte le contraddizioni proprie del tempo, resse la città per secoli e che oggi è caduta nel dimenticatoio generale, si rispolveri qualche notizia qui. E su uno dei "padroni di casa" di tali palazzi bisogna togliere la polvere, magari rileggendo qui.

Per trovare la sesta tappa è necessario "uscire allo scoperto" per inoltrarsi nella Forlì più nota e più illuminata, almeno in questi giorni di Natale. Via delle Torri, con il giardino edificato sul sontuoso palazzo Orselli, prezioso edificio che gli amministratori del dopoguerra non vollero salvare, e l'elegante e larga corsia che conferisce un respiro tipicamente forlivese. Eppure in tempi lontani, chi vi passeggiasse doveva trovare ben altro scenario, come si scopre qui. In fondo, si avvicina la rassicurante presenza di San Mercuriale. Accelerando il passo verso via Mameli, si attraversa un altro luogo aperto: piazza della Misura, ennesima cicatrice nel cuore della città, come si legge qui. La tappa ha, però, sede nel voltone del Comune, sotto il ciclope longilineo noto come Torre Civica, dopo aver sceso un piano inclinato, residuo dell'argine del fiume antico, poi canalizzato, che scorre sotto il Ponte Buio, cioè il loggiato del Municipio. Da qui in poi, il percorso seguirà, risalendolo, il canale di Ravaldino. Magari, prima di continuare, si può visitare la rassegna di presepi in palazzo Albertini. 

Infatti, raggiunta piazza Saffi, si vada verso corso Diaz (delle borchie sulla pavimentazione del Rialto Piazza ricordano l'alveo del canale) fino a deviare verso via Missirini, strada con poco sole su cui si affaccia l'abitazione di Morgagni, in rovina. Camminando sul canale asfaltato, si attraversa via Merenda (con un colpo d'occhio ferito da interventi del dopoguerra) per via Brosi (già canale) e via Faliceto (idem), parallele a via Caterina Sforza. La settima tappa, infatti, è nei pressi del Molino Faliceto, ricordando quanto scritto qui. A qualche passo da lì, sul muro che fa da confine della Residenza Zangheri, sul lato della bella chiesa spoglia dedicata a San Salvatore in Vico, si nota una grata. La sua storia è qui. Da costì al voltone del Comune sono intercorsi cinque minuti per circa 350 metri. 

Dall'ultima tappa è semplice raggiungere la prima, per concludere il percorso ad anello con i suoi due chilometri e duecento metri. Basta arrivare alla fine di via Caterina Sforza, passare per via Bonzanino, attraversare viale Salinatore, scendere la scalinata che conduce al parcheggio dell'argine, ed è fatta. Non si saranno bruciate chissà quante calorie, ma si è approfittato di un'oretta di un giorno festivo per riscoprire luoghi e storie di Forlì. 

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