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Cronaca

Fissati i funerali per dare l'ultimo saluto a don Dario Ciani

E' stato fissato il funerale per dare l'addio in terra a don Dario Ciani, morto nella notte tra sabato e domenica a Roncadello, il prete che ha legato indissolubilmente il suo nome alla comunità di Sadurano. Aveva 70 anni, originario di Tredozio

E' stato fissato il funerale per dare l'addio in terra a don Dario Ciani, morto nella notte tra sabato e domenica a Roncadello, il prete che ha legato indissolubilmente il suo nome alla comunità di Sadurano. Aveva 70 anni, originario di Tredozio dove era nato il 17 marzo 1945, era stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1969 a Rocca San Casciano. Fu cappellano a Bussecchio dove iniziò le prime esperienze di assistenza, che poi ha continuato nella comunità di Sadurano. Dal 1990 al 2013 era stato anche cappellano delle carceri di Forlì. Parroco a Magliano e a Massa nel 1974 fu nominato parroco di Sadurano dove nel 1982 fondò la cooperativa omonima. Il funerale di svolgerà martedì alle 9 nella Cattedrale di Forlì, presieduto dal vescovo Lino Pizzi.

A ricordarlo, con un caloroso ricordo, anche le parrocchie in cui don Dario ha prestato servizio come Magliano e Carpena: "Fu parroco di Magliano dal 1978 al 1986; mentre era parroco a Magliano, provenendo da Bussecchio, continuò ad impegnarsi attivamente per  i più deboli ed emarginati, ospitando alcuni di loro nella canonica, facendo toccare con mano alla gente di una tranquilla frazione di campagna  anche queste difficili realtà.  Poi fu trasferito a “Sadurano”e con l’aiuto di persone di buona volontà, trasformò uno spelacchiato cucuzzolo  delle prime colline forlivesi in un luogo con attività agricole e commerciali, in cui dare lavoro a persone in difficoltà, convinto che il lavoro possa essere un formidabile strumento per la dignità della persona umana, anche e soprattutto quando si trova in difficoltà”.

Ricordano dalle due parrocchie: “Diceva che con Sadurano si voleva ricostruire la vita e la logica del “borgo”, in cui le persone si incontrano, si conoscono e si aiutano. Fu anche cappellano del carcere di Forlì per diversi anni, dove si impegnò attivamente affinchè il carcerato, pur avendo sbagliato, potesse essere rienserito nella società soprattutto proponendo il lavoro come alternativa alla detenzione. Constatava amaramente che, siccome la stragrande maggioranza di chi esce dal carcere torna a delinquere, il carcere, così come è organizzato oggi, non è uno strumento per il ravvedimento di chi sbaglia. “Se una fabbrica ha più della metà dei pezzi che produce, resi indietro per difetti, tale fabbrica o la si chiude o la si cambia”, diceva”.

“Nei primi anni Settanta, quando era parroco a Bussecchio, aveva fondato la Cooperativa Comunità di Bussecchio (CCB) e poi la CTN, convinto che l'impresa, sia essa cooperativa che non, deve avere una finalità sociale. In questo senso fu una sorta di antesignano del pensiero che una economia senza etica non solo è contro l'uomo, ma, nel medio-lungo periodo, distrugge l'economia stessa. Fu anche l'ispiratore della legge che regolamenterà, nel 1991, anche grazie all'impegno del forlivese Gino Mattarelli, quel particolare tipo di cooperativa che sarà denominata “cooperativa sociale”.  Fonderà poi in seguito la Cooperativa San Giuseppe, con sede a Sadurano e la Sadurano Salus. La sua vita di prete fu contraddistinta dall'impegno verso le categorie più deboli ed emarginate. Se una persona sbaglia, ripeteva spesso, non la si può condannare ed emarginare, ma va aiutata a recuperare la fiducia in se stessi e dagli altri mediante il lavoro".

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