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Il ricordo

"Do tutto", furono le sue ultime parole: una messa e una mostra ricordano don Mario Ricca Rosellini

Nel centenario della nascita si ricorda don Mario Ricca Rosellini, il prete dei poveri e fondatore della parrocchia della Cava

Una messa e una mostra fotografica per ricordare don Mario Ricca Rosellini a cento anni dalla nascita. La liturgia eucaristica sarà celebrata lunedì, alle 20, nella chiesa della Cava, da padre Pietro Rinaldi, saveriano, per diversi anni missionario in Congo. Al termine sarà possibile fermarsi nel salone parrocchiale, in via Firenzuola, per ammirare la mostra fotografica allestita sulla figura dell’indimenticabile sacerdote, il prete dei poveri, morto nel 1978 in Zaire (ex Congo belga) per una malaria non curata.

Al di là della scelta missionaria, don Mario è rimasto nel cuore di quanti lo conobbero per la grande determinazione. Quella provocazione, datata 1959, dei secchi pieni di liquami maleodoranti trasportati nella sala del Consiglio Comunale di Forlì, a seduta in corso, la ricordano ancora in tanti. Alle soglie del boom economico, il pattume era un dramma pure a Forlì: la città cresceva repentinamente di abitanti e le modalità di raccolta della nettezza urbana adottate fino a quel momento dall’Amministrazione locale, si rivelavano insufficienti. Don Ricca era amatissimo dai parrocchiani, anche dai non praticanti, che lo stimavano proprio per la sua energia spesa a fin di bene. Coerente fino in fondo con la scelta dei poveri, aveva iniziato il suo cammino di condivisione fra i “paria” forlivesi degli anni Cinquanta, i montanari scesi a valle in cerca di condizioni di vita più dignitose. La sua prima chiesa fu una capanna, costruita su di un terreno regalato nel 1953 dalla famiglia Cortesi. L’ingresso ufficiale come parroco della Cava avvenne il 14 ottobre 1956.

“Entusiasmato dal Concilio – si legge sul web in “digilander.libero.it” - sollecitò gruppi e istituzioni per la crescita di una vera cultura della solidarietà e della pace”. Per il giovane curato, “un pretino giovane, incredibilmente magro, sempre sorridente e missionario di stampo salesiano fino al midollo”, la gatta da pelare si rivela subito durissima: i nuovi insediamenti operai erano facile preda della demagogia politica. Don Mario arriva a portare in Comune i celeberrimi recipienti puzzolenti, volendo forzare la situazione con una provocazione. “Con quei bidoni - racconta nel suo diario, dato alle stampe da Pierantonio Zavatti, autore del libro ‘Dalla prima capanna alla missione di Kasika’ - facemmo annusare al Sindaco e ai Consiglieri il profumo fos di Cava”. Una mossa indovinata, giacché la sospirata tombinatura arrivò nel giro di poche settimane. Durante un comizio, un agitatore comunista arriva persino ad urlare che “sono i preti gli assassini di Cristo, gli assassini della religione, gli assassini del popolo”.

Ma don Mario conquista presto la fiducia della Cava, aiutato da un altro forlivese dal gran seguito, Angelo Budroni, per molti anni responsabile di quartiere. Nel maggio del 1971, il sacerdote va “fidei donum” in l'Africa. Nell’ex Congo Belga costruì la sua missione, partendo da una carriola e una tenda da campeggio. Nel febbraio 1974 inaugura la nuova chiesa di Kasika, “con manifestazioni di gioia di tutta la comunità locale”. Ma la malaria incombe senza tregua, fino ad avere il sopravvento sulla sua pur forte fibra. Sabato 2 settembre 1978, il coraggioso sacerdote chiuse per sempre gli occhi, dopo aver detto con un filo di voce, chiaramente percepito dai presenti: “Do tutto”. Furono le sue ultime parole: aveva da poco compiuto 55 anni.

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