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Urbanistica e ambiente

Consumo di suolo, Legambiente boccia gli effetti della legge regionale e i ritardi dei piani urbanistici

Secondo di Legambiente Emilia-Romagna gli obiettivi della legge urbanistica non sono stati raggiunti. In Provincia di Forlì-Cesena solo un Comune ha approvato il Piano urbanistico generale

A più di cinque anni dalla messa in vigore della più recente legge urbanistica regionale 24/2017, che avrebbe dovuto fermare il consumo di suolo in Emilia-Romagna, Legambiente pubblica un nuovo dossier dedicato a questo tema. All’interno del dossier, si fa il punto sullo stato di attuazione da parte dei Comuni, ai quali è stata affidata la realizzazione dei Pug, Piano urbanistico generale, lo strumento di cui le amministrazioni comunali sono tenute a dotarsi per contenere l’avanzata del cemento.  

Sui 30 Comuni della Provincia di Forlì-Cesena, lo stato di attuazione dei Piani urbanistici presenta numeri piuttosto ridotti: solo in 1 caso il Pug è stato approvato, adottato in 2, 16 Comuni sono in fase di studio preliminare, 9 in fase di consultazione, in 2 casi non è stato avviato e nessun Comune, a oggi, lo ha assunto.

Secondo dati e informazioni raccolti da Legambiente Emilia-Romagna, gli ambiziosi obiettivi della legge urbanistica regionale, che puntava ad abbattere del 60% le previsioni di crescita del suolo rispetto alla tendenza calcolata al 2017, sono stati tutt’altro che raggiunti e ne sono prova, secondo Legambiente, i numerosi casi documentati di nuove urbanizzazioni previste, attuate o in alcuni casi “sventate”. 

Tra le principali cause dell’insuccesso della legge nell’eliminare il consumo di suolo in Emilia-Romagna, hanno un ruolo di primo piano il lasso temporale concesso ai Comuni per realizzare i piani urbanistici, che ha consentito di elaborare negli ultimi anni l’attuazione di nuovi interventi di urbanizzazione, e le ripetute proroghe dei termini di decadenza dei piani. L’arrivo della pandemia ha infatti offerto l’occasione - scrive in una nota Legambiente - per prolungare questo “periodo di transizione” nel quale le amministrazioni comunali potevano dare avvio sul proprio territorio alle previsioni edificatorie presenti negli strumenti di pianificazione approvati prima dell’entrata in vigore della legge. La data di scadenza dei vecchi piani urbanistici si è quindi sempre più allontanata, estendendosi, nell’ultima revisione della legge urbanistica, fino all'1 gennaio 2024. 

È stata anche prorogata la data entro la quale i Comuni si sarebbero dovuti dotare del Pug, Piano urbanistico generale, il nuovo strumento di pianificazione previsto dalla legge. Da quanto emerge dai dati raccolti da Legambiente Emilia-Romagna negli ultimi mesi il processo di adeguamento degli strumenti di pianificazione è tutt’altro che concluso: dei 330 comuni della Regione Emilia-Romagna, a marzo 2023 erano solo 13 i Comuni dotati di Pug approvato. La maggior parte delle amministrazioni comunali dell’Emilia-Romagna (177) era invece ferma alla “Fase di studio preliminare” testimoniata dall’acquisizione della cartografia necessaria all’elaborazione del Piano. Ben 57 Comuni non avevano nemmeno presentato questa richiesta, gli altri si distribuivano nelle altre fasi del percorso di approvazione, comunque non ancora completato.  

Oltre a queste dilazioni dei termini previsti dalla legge, il testo contiene numerose deroghe che inficiano l’obiettivo di riduzione del consumo di suolo, stabilito come soglia all’incremento del territorio urbanizzato fissata al 3% delle superfici urbanizzate alla data di entrata in vigore della legge: basti pensare, ad esempio, al fatto che le aree utilizzate per l’attuazione dei piani previgenti non vengono calcolate per il raggiungimento di tale soglia, sottolinea Legambiente.

All’interno del dossier c'è poi un focus su una serie di casi esemplari, relativi a numerose province emiliano-romagnole, che attestano l’inefficacia della nuova legge urbanistica: il fenomeno del consumo di suolo per fini di urbanizzazione è tutt’altro che limitato e continuano a essere presentati progetti dal significativo impatto socio-ambientale che distraggono le amministrazioni locali dagli obiettivi proposti dalla legge e dalla necessità di promuovere interventi di rigenerazione urbanistica e di riutilizzo di spazi urbanizzati non utilizzati. 

“Il perdurare dell’interesse delle amministrazioni locali relativo ai progetti di nuovi interventi di urbanizzazione, in particolare per quanto riguarda il settore della logistica e quello del commercio, dimostra la necessità di un intervento legislativo efficace sia attraverso l’approvazione di una legge nazionale contro il consumo di suolo, sia mediante il rafforzamento della legge urbanistica regionale, che oggi non riesce ad arginare questo fenomeno”, commenta Legambiente Emilia-Romagna. “Occorre che le amministrazioni locali abbiano il potere di intervenire identificando in modo autonomo e coerente con i criteri della pianificazione territoriale gli spazi destinati alle funzioni che più generano impatti negativi sul territorio, in primo luogo in termini di mobilità di persone e merci, evitando effetti boomerang sul territorio.” 

“La situazione che abbiamo fotografato con il nostro dossier dimostra che gli obiettivi assunti dalla Regione Emilia-Romagna con l’approvazione della legge urbanistica nel 2017 non sono stati ancora raggiunti e, al contrario, che il fenomeno del consumo del suolo continua ad affliggere la nostra regione” – conclude l’associazione -. A maggior ragione dopo i fenomeni meteorologici estremi e le alluvioni del mese scorso, che hanno dimostrato la necessità di ripensare la pianificazione del territorio allo scopo di ridurne l’artificializzazione e garantire più spazio per i fiumi, è fondamentale che si assuma una norma che preveda il saldo netto pari a zero per il consumo di suolo, per evitare la necessità di risarcire i danni che la cementificazione e la gestione passata del territorio hanno contribuito a determinare. Allo stesso tempo occorre favorire il recupero e il riutilizzo di edifici e aree impermeabilizzate abbandonate, operazione necessaria e indispensabile per ridurre la pressione sui suoli agricoli e su quelli naturali, consentendo interventi di rinaturalizzazione dei corsi fluviali per garantire un livello adeguato di sicurezza idrogeologica dell’intero territorio regionale, che gli eventi estremi delle ultime settimane hanno dimostrato essere particolarmente fragile ed esposto agli effetti del cambiamento climatico.”

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