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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

L'analisi del giorno dopo: a Forlì l'acqua si è fermata a mezzo metro dallo straripamento. Ecco cosa ci ha "salvato"

E' l'esame del giorno dopo, per quanto riguarda la tenuta delle opere idrauliche del Montone e del Rabbi, i fiumi quelli maggiormente coinvolti nell'ondata di maltempo dell'1-2 maggio

Il territorio di Forlì si è salvato da quanto capitato a Faenza per un paio di spanne, nel punto di piena mancavano una cinquantina di centimetri appena, prima che l'acqua sormontasse gli argini e straripasse, in particolare nelle zone di Villanova. E' l'esame del giorno dopo, per quanto riguarda la tenuta delle opere idrauliche del Montone e del Rabbi, i fiumi maggiormente coinvolti nell'ondata di maltempo dell'1-2 maggio. Per quanto riguarda, invece, il corso d'acqua di competenza del Comune (il Canale di Ravaldino) le paratoie sono rimaste ben chiuse, impedendo il deflusso nel canale che passa sotto il centro storico.

A Porta Schiavonia il picco di piena è stato toccato alle 12 di mercoledì, con 8,39 metri. Giovedì è ancora sopra il livello di soglia "arancione", quindi sopra i 5 metri, con livello idrometrico alle 11.30 di 6,11 metri, mentre alle 17 di 5,84. A Ponte Braldo il Montone ha toccato il picco mercoledì tra le 8,30 e le 9 con 9,20 metri. Alle 2,30 della nottata tra mercoledì e giovedì era ancora da soglia "arancione" con 6,53 metri, mentre alle 11,30 si trovava nella soglia "gialla" a 5,03 metri e alle 17 nella soglia "verde" di 4,30 metri. A fare il punto della situazione del giorno dopo è Fausto Pardolesi, funzionario dell'Ufficio regionale sicurezza territoriale e protezione civile di Forlì-Cesena, nonché storico conoscitore dei fiumi locali e delle loro dinamiche.

Pardolesi, hanno retto gli argini dei fiumi forlivesi, Montone e Rabbi in particolare?
“Sì. 270 millimetri d'acqua in 28 ore significa una tonnellata di acqua ogni 4 metri quadri di suolo, per cui l'apporto a valle diventa enorme. I nostri argini hanno tenuto, ma quello che si è verificato anche a Faenza non è tanto la rottura di argini, ma il fatto che questi sono stati in gran parte sormontati dalla troppa acqua. Da noi, nella zona di pianura, siamo arrivati ad una cinquantina di centimetri da questa situazione, un paio di spanne ancora prima del sormonto, nella zona di Villanova”.

Ci sono state rotture di argini da noi?
“Solo una piccola perdita d'acqua, nella zona di Villanova, per una tana di una talpa nascosta molto alla base dell'argine. Il flusso si è arrestato mentre stavamo intervenendo perché il canale sotterraneo si è chiuso per il cedimento dei circa tre metri di terra zuppi di argine che c'erano sopra”.

La vulgata attribuisce queste alluvioni alla mancata pulizia dei fiumi. E' così?
“Si ritiene che tagliando la vegetazione si dà maggiore velocità di deflusso all'acqua, ma anche troppa velocità dell'acqua è un problema: un deflusso di 500 metri cubi di acqua al secondo equivale a una pressione di tonnellate al secondo sugli argini, causandone poi le rotture. Avere l'acqua lenta è meglio, ma per avere l'acqua lenta serve più spazio. A Forlì, ad esempio, la confluenza tra Rabbi e Montone ha una sezione di 50-60 metri, mentre l'argine è largo 500 metri, ma anche questo può non bastare, dato che si dice che sono piene con tempi di ritorno di 30-50-100 anni, ma qui succede ogni 3-4 anni”.

In molti hanno visto lavori imponenti nel tratto urbano del Montone, dall'ospedale al ponte di Schiavonia, con massicce deforestazioni e pulizia dalla vegetazione negli scorsi mesi. Non pare che si possa parlare di alveo ingombro.
“No infatti. Quello che è stato fatto è un lavoro realizzato almeno altre 2 o 3 volte da quanto negli anni '80 sono stati creati i due muri di cemento lungo il Montone prima del ponte di Schiavonia (sulla cima di uno di questi corre la ringhiera in alluminio che costeggia la passeggiata lungo il fiume, ndr). Per dare maggiore sezione al fiume, vengono eliminati i sedimenti di limo che si trovano sulle banchine laterali, portati dalle piene. Quei sedimenti vengono immersi con le benne quando il fiume ha una buona portata e si sciolgono nell'acqua, che la porta via fino alla foce, limitando anche la necessità di ripascimento delle spiagge. Un intervento ecologico, senza muovere camion su e giù”.

Un lavoro che ha aiutato a difendere Forlì da un'alluvione in questa circostanza. A difesa del centro storico di Forlì l'argine pare antico e possente, possiamo stare tranquilli? 
“Più che un argine, c'è il fatto che il piano della città storica è alto rispetto al fiume. A difesa del centro è un bene che l'acqua allaghi zone come il Parco Urbano o il Parcheggio dell'Argine, dove il fiume si può allargare senza creare troppi danni. Sul parcheggio dell'argine, magari, bisognerebbe ricordarsi di non parcheggiare quando ci sono allerte per le piene dei fiumi e di non lasciare veicoli in sosta lunga, come i camper”.

Le opere che ci sono nella storia hanno sempre difeso abbastanza bene la città dalle piene del Montone, ma basterà per il futuro con i cambiamenti climatici? Servono nuove opere? Nuove casse di espansione?
“Premesso che la sicurezza non è mai totale, ci sono delle idee, ma non ancora progetti, per ridare più spazio al fiume. A Forlì c'è abbastanza spazio per farlo, anche se non dappertutto, per creare per esempio servitù di allagamento in campi agricoli, dove non si creano danni. L'importante è impedire la rottura di argini e l'allagamento in pianura, perché qui se si rompono gli argini l'acqua poi viaggia e si estende per chilometri”.

Nella foto l'espansione del Montone tra l'argine e via Firenze, prima del centro storico di Forlì, nella giornata di ieri:

La piena del Montone del 3 maggio-3

Nella foto sotto il Montone, che lambisce l'ospedale nella giornata di ieri, mercoledì:

piena-montone-3-maggio-2023-2

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