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Cronaca

Cesena vuole diventare co-capoluogo della provincia, cosa rischia Forlì? Lattuca rassicura: "Niente"

Cesena rivendica il riconoscimento formale, con tanto di legge, del suo ruolo di co-capoluogo della Provincia di Forlì-Cesena, per bocca del suo sindaco Enzo Lattuca

Cesena rivendica il riconoscimento formale, con tanto di legge, del suo ruolo di co-capoluogo della Provincia di Forlì-Cesena, per bocca del suo sindaco Enzo Lattuca. Una richiesta che può apparire poco comprensibile, se non altro perché è già da 31 anni che quasi tutti crediamo che fosse già così, da quando cioè nel 1992 venne istituita la Provincia di Rimini e la vecchia provincia di Forlì divenne Provincia di Forlì-Cesena.

In quell'anno non perdemmo ancora la sigla di provincia 'FO' – vero orgoglio forlivese – perché la sigla 'FC' venne introdotta solo nel 1999, ma tanto già due anni dopo la nuova denominazione territoriale vennero abolite tutte le sigle di provincia dal luogo in cui erano più visibili, vale a dire le targhe automobilistiche. Che cosa rischia Forlì in questa richiesta di Cesena? Ci potrebbe essere un depotenziamento dei servizi pubblici? Il sindaco di Cesena Lattuca dice di no e spiega nel dettaglio la sua proposta.

Lattuca, in cosa consiste questa proposta?
“Consiste nel riconoscere ciò che per la gran parte dei cittadini della nostra provincia è considerata una cosa già fatta, reale, da quando cioè nel 1992 questo territorio ha iniziato a chiamarsi 'Provincia di Forlì-Cesena' e non più 'Provincia di Forlì'. Se sentissimo i cittadini, la gran parte direbbe già che i capoluoghi sono due, e che lo dice il nome stesso della provincia. In verità questo non si è mai concretizzato fino in fondo, formalmente Cesena non è riconosciuta come co-capoluogo. Vogliamo esserlo con Forlì, non in alternativa a Forlì, e senza togliere niente a Forlì”.

Pare assurdo: come è possibile che ci sia il nome di Cesena nel nome della provincia, ma Cesena non sia considerata un capoluogo di questa provincia?
“E' una questione aggrovigliata, ma semplicemente non c'è alcuna fonte normativa... non è scritto da nessuna parte, in nessuna legge, in nessuno Statuto. Lo Stato continua a considerare solo Forlì capoluogo perché da antichi decreti immediatamente successivi all'Unità d'Italia, la provincia era denominata 'Provincia di Forlì'”.

Pare un errore abbastanza macroscopico della legge del 1992 che istituiva la nuova provincia. In 31 anni non se n'è accorto nessuno?
“Più che un errore fu una cosa non chiarita fino in fondo. Quando venne creata la provincia di Rimini, la legge indicava semplicemente che 'la restante parte della provincia di Forlì prendeva il nome di provincia di Forlì-Cesena', facendo presupporre Cesena come capoluogo, ma in realtà non è stato mai esplicitato. Cosa che invece è stata fatta quando sono state create province con doppia o tripla denominazioni, come Barletta-Andria-Trani, dove la legge istitutiva indica le tre città come capoluoghi. Ma questa è una nuova provincia. Prendendo altre province "vecchie" come Pesaro-Urbino o Massa-Carrara, Urbino è stato riconosciuto dalla Corte Costituzionale come capoluogo solo a seguito di un ricorso contro la soppressione della sede distaccata del tribunale, ed è un comune con meno di 15mila abitanti. Ma nel loro caso c'è lo Statuto Provinciale a indicare i due capoluoghi, nel nostro Statuto attuale invece non si parla di capoluogo”. 

Che effetto avrebbe questo riconoscimento?
“Vorrei aggiungere che la nostra provincia ha due poli dal punto di vista geografico, due comprensori, 15 Comuni che gravitano su Forlì e 15 su Cesena, la differenza di abitanti tra le due città è abbastanza piccola, circa 20mila abitanti in meno a Cesena, che però ha il comprensorio più popoloso. Ci sono servizi, dalle scuole all'università agli ospedali, presenti in entrambe le città e integrati tra loro. A parte gli uffici delle amministrazioni centrali dello Stato, alcune delle quali hanno sportelli a Cesena, è un dato di fatto che esiste un doppio polo”.

C'è già nei fatti, allora a che serve?
“Il capoluogo a Cesena c'è di nome, c'è nella realtà e c'è nella considerazione della maggior parte dei cittadini. Ma non c'è nella forma. Per Cesena questo comporta oggi l'esclusione da una serie di opportunità. Per esempio partecipare a bandi nazionali dedicati esclusivamente alle città capoluogo.  Lo abbiamo visto col Pnrr, Cesena non essendo capoluogo non ha potuto avere fondi per circa 15 milioni di euro, soldi che non sarebbero stati tolti a Forlì, ma attinti da un fondo nazionale a disposizione di tutti. Poi c'è un fatto di status, la Polizia Locale non potrebbe essere definito un corpo di polizia locale, non essendo Cesena un capoluogo, se non ci fosse l'unione dei Comuni. C'è poi il numero di consiglieri comunali, quindi la rappresentanza democratica. L'unica cosa equiparata  - lo dico a scanso di equivoci – è l'indennità dei sindaci, che il ministero ha parificato a quello dei capoluoghi per i casi di Cesena e di Carrara, non è insomma un fatto di retribuzione”.

Forlì deve temere che vengano spostati a Cesena i servizi delle amministrazioni statali?
“No. Quello che c'è a Forlì non verrebbe in alcun modo ridotto. Se Cesena potesse partecipare a quei bandi, Forlì non avrebbe nulla di meno. Non esiste questa richiesta sui servizi dello Stato e non c'è alcun effetto automatico in tal senso, né sottrazione di servizi a Forlì se avvenisse il riconoscimento. Nella norma che va a riconoscere Cesena come co-capoluogo lo si può anche esplicitare che non si spostano, né si duplicano le sedi degli enti statali”. 

Se Cesena fosse stata riconosciuta co-capoluogo già nel 1992 avrebbe conservato il tribunale, che forse è il più grande assente tra i servizi di base della città rispetto alla vicina Forlì?
“Preciso che non è che se Cesena viene riconosciuta come capoluogo riapre il tribunale a Cesena. Non è questo l'obiettivo, anche se la perdita della sezione distaccata ha prodotto un impoverimento del tessuto dei professionisti, con alcuni che hanno centralizzato i loro studi a Forlì. Ma oggi c'è il processo telematico e la digitalizzazione dei servizi, non è più un tema così centrale”.

Tempo fa venne aperta una sede della Provincia a Cesena, una scelta travolta dalle polemiche con accuse di costi duplicati e sperperi. Non teme una accusa del genere?
“No, si può stabilire – ripeto – che sulla dislocazione degli uffici pubblici non è necessario che ci sia un effetto. Tra l'altro la pubblica amministrazione da allora è molto cambiata: è necessario che gli sportelli al cittadino siano presenti sul territorio, come c'è uno sportello della Prefettura dentro il Comune di Cesena, oppure uno sportello della Camera di commercio. Ma questo è un fatto organizzativo. Con la digitalizzazione dei servizi il tema della dislocazione degli uffici ha perso di centralità, in quanto i cittadini accedono sempre più da remoto”.

L'accusano che è una questione di identità e di orgoglio cittadino, che ammicca alla prossima campagna elettorale, pur essendo un problema che risale al 1992. Cosa risponde?
“Ne abbiamo preso particolare coscienza durante i bandi del Pnrr, dove ci siamo trovati davanti a questa discriminazione, e questo ci ha fatto scattare un campanello, ci ha fatto dire 'Ma perché dobbiamo rinunciare a questi fondi?'. Poi adesso c'è l'occasione, in quanto è in discussione in Senato una riforma della legge Delrio sulle Province e in quella sede ci sono le condizioni che si possa affrontare questo tema, magari con un emendamento. Personalmente, ritengo che basterebbe prevederlo nello Statuto Provinciale, tuttavia il Ministero dell'Interno ritiene che serva una legge,  anche se va detto che ad oggi non c'è neppure una legge che dica esplicitamente che Forlì sia il capoluogo, è solo una prassi perché è sempre stato così dall'Unità d'Italia”. 

La si contesta perché Lei, che è anche Presidente della Provincia di Forlì-Cesena, non starebbe mostrando imparzialità tra le due città. 
“E' una questione che dà più opportunità a Cesena, senza che Forlì le perda, quindi sì sono di parte come sindaco di Cesena e come presidente della Provincia di Forlì-Cesena, in quanto chiedo più opportunità per il mio territorio. Potrei quasi capire chi esprime freddezza a Forlì, dato che può essere vista come la perdita di un'esclusiva, ma chi mi contesta dentro il Consiglio comunale di Cesena assume una posizione incredibile e paradossale”.

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