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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Sulla graticola giudiziaria per 12 anni, l'ex assessore: "Le nostre vite rovinate. Ed io tradito dal mio ex partito"

"L'ala giustizialista nel Pd ebbe la meglio su quella garantista e il caso Sapro divenne l'occasione di una cesura col passato. Una crisi che ha portato dieci anni dopo alla sconfitta in Comune"

Ci sono voluti 12 anni per giungere ad un'assoluzione piena e definitiva di tutti gli imputati in Cassazione, il terzo grado di giudizio.  Ed ora con una conferenza stampa si toglie i sassolini dalle scarpe Elvio Galassi, ex assessore comunale, esponente di spicco dell'allora Pd forlivese, “scaricato” senza troppi complimenti quando restò invischiato nel caso giudiziario di Sapro, una vicenda scottante del 2010 che scosse profondamente la politica e l'economia del territorio. Il caso giudiziario andò temporalmente a coincidere con il momento più traumatico per il centro-sinistra al potere in quel momento a Forlì: la netta rottura con il passato che segnò la vittoria di Roberto Balzani, poi divenuto sindaco, sulla sfidante Nadia Masini, sindaco uscente, alle primarie Pd del 2009. E il 'Caso Sapro' divenne l'emblema del “vecchio da spazzare via”, anche per via giudiziaria.

L'analisi politica 

Elvio Galassi oggi ha 76 anni, è stato assessore dal 1999 al 2009 con deleghe di peso, dall'urbanistica ai lavori pubblici, ed è stato anche amministratore di Sapro dal 2002 a maggio 2007 e per questo venne indagato. “Nel 2009 cambiò l'amministrazione comunale: con l'insediamento del sindaco Balzani tutto quello che era stato fatto prima sembrava che fosse stato fatto male. Stava arrivando uno bravissimo, capace di fare tutto. Ma in un anno e mezzo, da Sapro all'aeroporto, vennero smantellati molti punti di forza del territorio. Ed io sono stato tra gli 'sfigati' che hanno fatto campagna perché si verificasse tutto questo sostenendo Balzani alle primarie”: è un fiume in piena Galassi, che a distanza di 12 anni racconta la sua versione dei fatti, in un punto fermandosi per la voce che si strozza in gola. 

“Ho perso tanto amici, dal mio ex partito, il Pd, non ho sentito – tranne pochissimi casi a livello personale – una sola voce di difesa o di comprensione”. Ma il Pd, continua Galassi, “non era fuori da Sapro, ho sempre dato informazioni alla politica”. La società che si occupava di urbanizzazione di aree produttive per Galassi resta “una società importante per il territorio, che ha servito il suo sviluppo economico, era partecipata dalle associazioni di categoria economiche, che all'epoca erano promotrici di sviluppo e non solo centro servizi per le imprese”. 

Da un punto di vista politico, continua Galassi, “mi sono sentito tradito e isolato nel mio ex partito”. All'epoca il Pd era sotto la pressione della sfida della crescita tumultuosa del consenso al Movimento 5 Stelle e nella fase iniziale delle rottamazioni di Matteo Renzi. Il Pd forlivese, già consumato da forti conflitti interni precedenti che non permettevano un fisiologico ricambio generazionale della classe dirigente, venne travolto. “Veniva avvertita una necessità di cambiare il modo di amministrare degli ultimi anni. Alcuni, tra cui me, fecero uno sforzo in quella direzione. Tuttavia l'ala giustizialista nel Pd ebbe la meglio su quella garantista e il caso Sapro divenne l'occasione di una cesura col passato. Una crisi che ha portato dieci anni dopo alla sconfitta in Comune, dopo 50 anni, con l'elezione di un sindaco di centro-destra, che non è arrivato per caso, ma perché molti forlivesi non si sono più riconosciuti in questa politica”, dice Galassi.

12 anni sulla graticola giudiziaria

“Tanti anni per arrivare a una sentenza definitiva mi sembra un tempo infinitamente lungo per chi lo deve vivere in prima persona, e dimostra che nel nostro Paese esiste un problema enorme di giustizia penale e civile”, spiega Galassi. L'ex assessore spiega che la sua vita cambiò quando alle 6 di mattina la Finanza bussò alla sua porta di casa per consegnare l'avviso di garanzia e notificare il congelamento di tutti i suoi beni, come degli altri indagati, “tutti i beni, dalla casa alla macchina ai conti correnti”. I sequestri, però, vennero revocati sia in prima istanza che in appello, “con il giudice che entrò nel merito in modo dettagliato, con 35 pagine di motivazioni che poi ritroviamo in tutte le sentenze successive”. 

“Tralascio di parlare dell'ingente danno economico che ogni indagato ha avuto. Per alcuni di noi non è ancora finita, tutto questo ha significato aver rovinato loro la vita da punto di vista economico e di questo, alla propria coscienza, dovranno rendere conto in molti”. Galassi si trova ancora in fase di giudizio per quanto riguarda la parallela azione civile di rresponsabilità da parte del curatore fallimentare, con sentenza attesa il prossimo anno. 

Per Galassi gli amministratori della società vennero presentati come “dissapatori incapaci”, ma “la politica non era ignara di quello che faceva la società, ma all'epoca faceva comodo parlare di sviluppo industriale, recupero delle aree dismesse, aiutare la montagna a non spopolarsi”, tanto che “Sapro venne sollecitata anche da qualche sindaco ad acquistare terreni”, richieste poi cadute nel vuoto in quanto “non compatibili con una corretta gestione, essendo perfino imbarazzanti”.

Una difesa costata milioni di euro

Nelle sue esternazioni, Galassi è stato circondato dal suo team difensivo, formato dagli avvocati Marco Selleri per il civile, Max Starni per il penale (assente in conferenza stampa), il commercialista Paolo Montefameglio e il consulente Stefano Fabbri. Un team di professionisti costoso, a detta dello stesso Galassi. “Questo processo è costato milioni di euro agli imputati per i professionisti che hanno dovuto esaminare migliaia di carte ed effettuare miriadi di studi – spiega Montefameglio -, ma anche lo Stato ha speso milioni di euro in perizie, alcune di esse hanno preso dei granchi clamorosi e sono costate un mucchio di soldi”.

E conclude Galassi: “Il problema della giustizia esiste a tutti i livelli, dalla separazione delle carriere ai tempi enormi a cui ci chiama continuamente l'Europa. Non credo che l'attuale riforma sposti di molto le questioni problematiche”. E sull'attività delle Procure, aggiunge: “Chi deve indagare ha tutto il suo diritto di farlo, ma se indagasse senza pregiudizi sarebbe meglio per tutti”.

“Sapro poteva essere salvata”

Oltre ad incassare il 'tutti assolti' (Galassi era stato assolto già in primo grado, ndr), l'ex assessore difende anche la scelta politica che Sapro sarebbe dovuta essere mantenuta in vita. Nel 2008 l'azienda interamente pubblica entrò in difficoltà per la crisi del mercato immobiliare: da una parte si trovava ad avere un patrimonio immobile di aree urbanizzabili come industriali in diversi comuni della provincia, da Forlì a Cesena, a Bagno di Romagna, dall'altra un forte indebitamento con le banche. Il fallimento non venne chiesto da nessuno dei creditori, ma dalla Procura della Repubblica (pm Filippo Santangelo) e accordato dal tribunale, un crac da 110 milioni di euro relativo ad aree in cui si dovevano insediare le aziende del territorio.

“Non posso sottacere un fatto per me inconcepibile, che la richiesta di messa in liquidazione di Sapro sia stata decretata dal Comune e dalla Provincia. Sarebbero bastato ripristinare il capitale sociale, con cifre non impossibili per gli enti locali, per evitare l'intervento del tribunale”. Insomma, per Galassi Sapro fu mandata ad affondare dai suoi soci stessi e “con modo anche scortese e affermazioni pesanti nei confronti dei componenti del Cda” da parte di diversi sindaci, “in testa a tutti Balzani”. 

La scelta, per Galassi, “è stata tanto più scellerata perché di fatto ha bloccato l'economia, lo sviluppo industriale su aree edificabili rimaste bloccate”. Sapro, sempre per l'ex assessore, “è l'unica o una delle pochissime società con capitale interamente pubblico fatta fallire in Italia senza che nessun creditore ne avesse chiesto la messa in liquidazione”. Questo avrebbe fatto sì che “aziende che avevano previsto insediamenti o ampliamenti abbiano subito ritardi enormi, che la messa all'asta dei terreni da parte del curatore fallimentare non ha sanato in 12 anni”.

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