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Sanità / Meldola

Lo spazio come banco di prova per lo studio dei tumori alle ossa: anche l'Irst coinvolto nella missione spaziale Ax-3

L'Irst mira a sfruttare la grande opportunità scientifica offerta dalle missioni spaziali per indagare i meccanismi di decadimento osseo, problematiche molto simili a quelle che colpiscono i malati affetti da metastasi ossee

L’aerospazio come banco di prova per lo studio delle metastasi ossee. Esiste, infatti, un problema molto serio che accomuna gli astronauti impegnati in missioni spaziali e le persone colpite da queste neoplasie: la perdita di densità ossea. Una condizione che ha spinto ricercatrici e ricercatori dell’Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori Irst “Dino Amadori” Irccs di Meldola, in particolare della Unit di Preclinic and Osteoncology del Laboratorio di Bioscienze (dr.sse Chiara Liverani e Sofia Gabellone) e della Struttura di Fisica Sanitaria (dr.ssa Anna Sarnelli), ad aderire, quali consulenti scientifiche, al consorzio pubblico-privato che ha preso parte alla recente missione spaziale Ax-3, coordinato da Dallara, tra le più importanti realtà al mondo specializzate in progettazione, sviluppo e produzione di vetture da competizione ad alte prestazioni. Una partecipazione resa possibile grazie al supporto offerto dalla Regione Emilia-Romagna (tramite bando Pr Fesr 2021-2027) alle progettualità di ricerca e sviluppo sperimentale nell’ambito dell’aerospace economy e della progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture critiche.

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“La perdita di volume osseo che colpisce gli astronauti in missione nello spazio - spiega la dottoressa Chiara Liverani, coordinatrice della Unit Preclinic and Osteoncologia, Laboratorio di Bioscienze Irst, struttura accreditata alla Rete Alta Tecnologia dell’Emilia-Romagna - rappresenta una sfida per la comunità scientifica più direttamente impegnata sulla frontiera aerospaziale: esistono studi che dimostrano una perdita dall’1 al 2% per ogni mese trascorso nello spazio con ripercussioni in termini di fragilità scheletrica. Un danno che il rientro sulla Terra compensa solo parzialmente e dopo molto tempo. È una situazione di squilibrio critico molto simile a quella che si verifica nelle malattie oncologiche ossee. Per questo la comprensione di tali meccanismi a livello biologico e molecolare potrebbe avere importanti ricadute non solo per la salute degli astronauti ma anche per il trattamento delle metastasi ossee".

Il progetto Irst mira ad incrementare le conoscenze sul comportamento del tessuto osseo in ambienti ostili sfruttando lo sviluppo di biomateriali polimerici in grado di mimare l’osso umano. Un campo di studio in cui Irst è pioniere. "Abbiamo un doppio scopo - aggiunge la dottoressa Sofia Gabellone, ricercatrice della Unit  Preclinic and Osteoncology -: ricreare in vitro il processo di perdita ossea dovuto a fenomeni radioattivi e micro gravitazionali diversi da quelli terrestri, e studiare l’interazione delle radiazioni spaziali con le nanoparticelle di idrossiapatite, uno dei componenti maggiormente presenti nel tessuto osseo e nanostruttura essenziale al mantenimento dell'integrità e della sua struttura. La comprensione di come l’ambiente spaziale influisca su strutture biologiche semplici e lo studio di materiali alternativi per la modulazione del microambiente tissutale, non solo può contribuire a rendere le future esplorazioni più sicure per gli astronauti, ma può acquisire rilievo anche nel campo della ricerca traslazionale oncologica per lo sviluppo di nuove tecnologie per la terapia contro il cancro e la radioprotezione".

"Poter prendere parte ad iniziative di questo tipo - conclude Paola Burioli, Open Innovation e Technology Transfer Manager dell'Irst - rappresenta certamente un’occasione di crescita in ambito di ricerca traslazionale e riflette il bisogno di stringere nuove cruciali alleanze tra pubblico e privato. La missione istituzionale dello scorso anno svolta insieme alla delegazione della Regione Emilia-Romagna a Houston, cuore dell’industria aerospaziale mondiale e della ricerca nelle Scienze della Vita, ha consentito di gettare le basi di questa collaborazione che, ne siamo certi, farà da apripista per altre future in un settore sempre più strategico in Italia per le sue implicazioni sullo sviluppo tecnologico ed economico anche in settori tradizionalmente distanti".

La missione spaziale Ax-3 di Axiom Space

La missione spaziale Ax-3 di Axiom Space, la prima di carattere anche commerciale e composta da un equipaggio interamente europeo – tra i quattro membri, l’aviatore ed astronauta italiano, colonnello Walter Villadei – ha visto il coinvolgimento diretto di aziende ed enti di ricerca italiani. Tra questi la ditta Spacewear, startup italiana attiva nel campo della ricerca e dello sviluppo per il settore tessile e dell’abbigliamento aerospaziale, e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). La missione – promossa da Ministero della Difesa, Aeronautica Militare Italiana e Agenzia Spaziale Italiana – diretta verso la Stazione Spaziale Internazionale (International Space Station - Iss), è partita lo scorso 18 gennaio per rientrare, con un carico di obiettivi scientifici raggiunti, il 9 febbraio. Il consorzio guidato da Dallara ha portato in orbita esperimenti su nuovi materiali nanotecnologici ultra-leggeri, capaci di assicurare eccezionale stabilità termica e, soprattutto, schermare gli astronauti dalle nocive radiazioni spaziali. L'Irst svolgerà parte degli studi di rientro “a terra”, che saranno propedeutici anche per futuri esperimenti sull’ISS. Nello specifico, l’obiettivo futuro sarà quello di inviare nello spazio i materiali tessuto-mimetici sviluppati dall'Irst per poi studiare al loro rientro le eventuali modifiche indotte dalle condizioni di microgravità sulle proprietà fisico-chimiche degli stessi. In generale, tutti i test condotti sull’ISS dalla missione Ax-3 sono stati volti a valutare materiali avanzati e tecnologie in ambienti di microgravità e per approfondire le conoscenze della fisiologia umana sulla terra e in orbita.

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