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Cronaca

Omicidio Severi, tappa sulla vita affettiva della vittima. La badante: "Voleva sposarmi, ma la madre e la sorella non volevano"

Davanti alla Corte d'Assise si sono scandagliati gli aspetti della vita affettiva di Franco, facendo emergere un malessere della vittima nei confronti degli altri fratelli

Franco Severi, l'agricoltore di Civitella trovato decapitato il 22 giugno 2022, si era innamorato di una delle badanti che si alternavano al podere di Ca' Seggio per accudire l'anziano padre Attilio Severi. Se la voleva sposare, e glielo aveva chiesto anche un anno prima della morte, ma lei aveva detto di no. E' lo spaccato di vita della vittima, emerso nel corso dell'udienza di oggi, giovedì, nel processo a carico di Daniele Severi, accusato dell'omicidio del fratello (accusa sostenuta dalla pm Federica Messina). 

Davanti alla Corte d'Assise - formata dai giudici togati Monica Galassi (presidente) e Marco De Leva (a latere), e da sei giudici popolari – si sono scandagliati gli aspetti della vita affettiva di Franco, facendo emergere un malessere della vittima nei confronti degli altri fratelli e sorelle - in questo caso non verso l'imputato Daniele - che gli avrebbero negato la relazione e le nozze con la badante, un'immigrata irregolare ucraina a un certo punto fatta oggetto di una procedura di rimpatrio da parte dei carabinieri.

“Lui voleva sposarmi. Me lo ha chiesto nell'estate del 2021 e gli ho risposto che doveva parlare prima con la sua famiglia e gli ho detto di no”, dice la donna. Tuttavia Franco ammise di non averlo fatto perché “la sorella Milena non voleva”, che a sua volta le avrebbe dato della poco di buono. “Franco poi diceva che ci potevano fidanzare solo dopo la morte della mamma”, ha aggiunto la badante, evidenziando così anche la contrarietà della madre fino a che era in vita. “Altro che patriarcato”, commenta l'avvocata della difesa di Daniele Severi Maria Antonietta Corsetti.

Che non corresse buon sangue tra l'ucraina e i membri femminili della famiglia di Franco lo si evince dal fatto che – come ha deposto la teste - “mi faceva paura tutta la famiglia, non volevo vedere nessuno di loro”. Poi ha spiegato di non aver mai visto il fratello Daniele. Con Franco Severi aveva continuato a mantenere i rapporti, nonostante avesse prestato servizio solo per tre mesi nel 2017 e per un altro mese nel 2018: l'agricoltore civitellese le mandava periodicamente piccole somme di denaro, per un totale di circa mille euro, e le faceva 25 euro di ricarica telefonica al mese. Regali per rinnovarle il suo interesse sentimentale.

L'ultima volta che si sono visti era stato nell'estate del 2021 quando la donna lo raggiunse nel podere di Ca' Seggio per passare con lui tre giorni, quelli in cui non andò in porto la proposta di matrimonio. L'ultima telefonata l'11 giugno, dieci giorni prima dell'omicidio, per augurarle buon compleanno. “Poi ho scoperto della sua morte guardando il telegiornale”, ha concluso la donna. 

Una deposizione, quindi, che farebbe balenare un quadro di dissidi più vasto nell'ambito della famiglia Severi. Franco (che registrava tutto, agli atti c'è una registrazione audio lunga più di 7 ore dell'ultimo incontro con la donna) aveva fatto una confidenza all'amata, dicendole di temere che qualcuno gli mettesse delle gocce nel caffè, spiegando di sentire delle vertigini dopo averlo bevuto. Un'altra deposizione dell'udienza di giovedì - questa volta dell'allora responsabile di un night club - ha poi fatto sapere che Franco Severi era stato tesserato al locale dal 2015 al 2018.

La consulenza sui telefoni dell'imputato e della moglie

Nell'udienza è stato sentito infine Sergio Civino, consulente della Procura per analizzare le celle telefoniche agganciate dai  telefoni di vittima, imputato e della moglie di quest'ultimo. E se l'analisi localizza l'apparecchio di Franco nel podere di Civitella il 21 e 22 giugno 2022, l'utenza principale del fratello Daniele aggancia le celle telefoniche che coprono il podere di Ca' Seggio solo fino al 13 maggio, mentre l'altro suo telefono risulta inattivo dal 29 maggio. “Il 21 e 22 i telefoni dell'imputato non agganciano le celle telefoniche del podere”, ha precisato Civino su domanda precisa dell'avvocato della difesa Massimiliano Pompignoli.

Si è aperta poi una discrepanza tra quanto affermato da due testi della pubblica accusa, Civino da una parte e Carmelo Agozzino dall'altra, maresciallo dei carabinieri esperto di investigazioni informatiche.  La discussione torna ancora una volta sulle due telefonate partite nel cuore della notte tra il 21 e il 22 giugno 2022 dal telefono di Monia Marchi, che sulla questione ha ritrattato la sua versione. La prima è una chiamata al telefono “principale” del marito all' 1.26, a cui non viene data risposta. Otto minuti dopo, all'1.34 dal telefono della donna parte una seconda chiamata all'altro telefono di Daniele Severi, un'utenza poco utilizzata dall'imputato, ma in questo caso il telefono è proprio spento (l'apparecchio verrà ritrovato dagli investigatori nella tasca della Fiat Panda dell'imputato).

Per il consulente della Procura, nella seconda chiamata, l'apparecchio chiamante (della moglie) all'1.34 di notte si sarebbe trovato almeno in prossimità dell'attrezzaia di Carpena in quanto agganciato da una cella della telefonia mobile che, a suo dire, non può servire la casa di Meldola. Invece  il maresciallo Agozzino, sullo stesso punto, aveva dichiarato che si trattava di una cella telefonica molto potente, quella di Forlì-Selva, che però poteva arrivare a servire anche Meldola, anche se l'antenna non è la più vicina. Su questa discrepanza ha insistito molto la difesa. “Un'analisi dei dati Gps – ha concluso l'avvocato Pompignoli – avrebbe meglio definito la posizione. La nostra consulenza la localizza nella casa di via Trieste o nel raggio di 14-17 metri da essa”.

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